Sulla sede dello stabilimento in etichetta, l’inganno prosegue. Il protagonista è Andrea Olivero, vice ministro uscente alle politiche agricole. (1)
Sede dello stabilimento, decreto irricevibile. La grande bugia del governo Gentiloni
Il 2 maggio 2018 il nostro sito ha rivelato la grande bugia del governo di Paolo Gentiloni sulla sede dello stabilimento. Il Commissario Vytenis Andriukaitis aveva infatti comunicato al ministro Angelino Alfano, già il 28 gennaio 2018, l’irricevibilità della doverosa notifica a Bruxelles del d.lgs. 145/17.
È dunque illegittimo il decreto che ha reintrodotto la sede dello stabilimento (di produzione o, se diverso, di confezionamento) – quale notizia obbligatoria, sulle etichette degli alimenti preimballati realizzati e/o confezionati nel Bel Paese e venduti in Italia.
Il governo Gentiloni ha però tenuto nascosto il proprio flop e ha portato avanti la propaganda elettorale vantando la promulgazione di un decreto richiesto a gran voce dai consumatori italiani.
Il 5 aprile 2018, data di formale applicazione del d.lgs. 145/17, il vice ministro Andrea Olivero aveva anzi ribadito l’inganno. Riaffermando l’entrata in auge delle nuove prescrizioni sulla sede e delle relative sanzioni.
Oltre 60 mila industrie della trasformazione alimentare in Italia hanno perciò affrontato enormi investimenti, per la revisione e ristampa delle nuove etichette e la destinazione a rifiuto di quelle non conformi.
Sede stabilimento, l’inganno continua
Il pomeriggio del 7 maggio 2018 – dopo che La Repubblica, unico quotidiano in Italia, ha ripreso la notizia della grande bugia – il Mi.P.A.A.F. ha divulgato una nota ai giornalisti che aggrava la situazione anziché chiarirla. (2)
Il vice ministro Andrea Olivero si è guardato bene dal rispondere alla logica domanda ‘perché il governo ha nascosto per oltre tre mesi l’avvenuto rigetto del decreto da parte della Commissione europea, prima che esso producesse effetti nei confronti degli operatori di settore’.
Il ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali invece ‘precisa che il decreto per l’obbligo dello stabilimento in etichetta è pienamente in vigore’. Falso, come si vedrà nel successivo paragrafo.
Adduce, il dicastero di via XX settembre, di avere ‘tempestivamente risposto alla Commissione, opponendosi alla irricevibilità della notifica e (…) il Governo conta di risolvere in modo positivo la vicenda.’ Magari fosse! (3)
Sede dello stabilimento, nessun obbligo
Il decreto legislativo 145/17, allo stato attuale, vale come carta straccia. Per grave colpa di un governo che ha deliberatamente omesso di seguire le doverose procedure di notifica preventiva delle norme tecniche, stabilite in Europa da quasi quarant’anni.
L’indicazione della sede dello stabilimento sulle etichette dei prodotti alimentari preimballati Made in Italy non è perciò obbligatoria. Purtroppo. Può venire mantenuta su base volontaria, e anzi, ne raccomandiamo l’impiego – perché i consumAttori italiani hanno finalmente compreso il Valore della scelta. Comprare prodotti realizzati nel nostro Paese significa infatti contribuire all’economia e all’occupazione in Italia, ciò di cui abbiamo più bisogno.
L’avvocato Massimo Moretto – uno dei massimi esperti di contenzioso europeo in materia agroalimentare, basato a Bruxelles – conferma quanto da noi ripetutamente affermato. ‘Le regole tecniche non previamente notificate in violazione degli obblighi stabiliti in UE, (4) anche se inserite in atti nazionali successivi, vanno considerate e trattate alla stregua di regole tecniche non notificate’, spiega Massimo Moretto.
‘Ebbene, in forza di una costante e ben nota giurisprudenza della Corte di giustizia, le regole tecniche non previamente notificate alla Commissione europea sono inapplicabili e non possono venire opposte ai privati. Per converso, questi ultimi possono avvalersi del vizio procedurale (la mancata notifica) per eccepire l’inapplicabilità delle regole tecniche di cui si tratta nei loro confronti.’
‘Va da sé’, conclude l’esperto avvocato Massimo Moretto, ‘che l’inapplicabilità si estende anche alle sanzioni previste a livello nazionale per il caso di eventuale violazione delle regole tecniche non notificate’.
Nessun obbligo, nessuna sanzione, solo bugie e inganni. Ciò che in qualsiasi altro Paese del pianeta terra avrebbe comportato l’istantaneo impeachment di tutti i membri dell’esecutivo coinvolti.
Dario Dongo
Note
(1) Il vice ministro Andrea Olivero era già stato investito da uno scandalo rivelato da Report su Rai Tre, in tema di produzioni bio. Si è distinto, negli ultimi mesi, per la strenua difesa dell’olio di palma. E ancor peggio, per l’inazione – sua e dell’ICQRF, sotto il suo comando – rispetto alla clamorosa frode del latte alpino di pianura
(2) V. nota stampa Mi.P.A.A.F. 7.5.18, in Allegato nota stampa MIPAAF 7.5.18
(3) L’ex-gregario di Maurizio Martina si cimenta pure ad attaccare lo scrivente, adducendo che ‘Stupiscono certe polemiche politiche da chi invece di chiedere alla Commissione europea di rispondere positivamente alle richieste di trasparenza dell’Italia, si schiera a favore delle lobby che dice di combattere’. Ed è opportuno, al riguardo, chiarire alcuni punti:
– Great Italian Food Trade è da sempre schierata a favore della citazione obbligatoria della sede dello stabilimento in etichetta, avendo tra l’altro ripreso insieme al Fatto Alimentate la petizione a suo tempo lanciata dal blog ‘Io leggo l’etichetta’. Basti leggerci per capire,
– la feroce critica di chi scrive è anzitutto di natura tecnica. Il decreto doveva venire notificato a Bruxelles ai sensi del reg. UE 1169/11, quale condizione essenziale per la sua legittimità. Ma il governo, dopo essersi mosso in tale direzione, ha ritirato la notifica in barba a ogni regola e logica,
– la responsabilità politica del governo è gravissima, poiché ha causato ingenti danni alle imprese di settore e all’ambiente (a causa dello smaltimento a rifiuto di imballaggi alimentari ritenuti non conformi in quanto obsoleti rispetto al d.lgs. 145/17). Oltre ad avere illuso i cittadini in campagna elettorale
(4) Cfr. dir. 2015/1535/UE (che abroga la previgente dir. 98/34/CE , la quale a sua volta aveva sostituito la dir. 83/189/CEE). In tema di informazione al consumatore sui prodotti alimentari, si ha risguardo invece al reg. UE 1169/11, articolo 45
(5) Si segnalano in particolare le sentenze della Corte di Giustizia ‘CIA Security International’ (30.4.96, C-194/94, punto 54) e ‘Ince’ (4.2.16, C-336/14, punto 67)
Dario Dongo, avvocato e giornalista, PhD in diritto alimentare internazionale, fondatore di WIISE (FARE - GIFT – Food Times) ed Égalité.