La mala politica viene sconfitta dalla giustizia. Perde due cause nei confronti di chi scrive l’ex v.ministro alle Politiche Agricole. Il d.lgs. 145/17 (sulla sede dello stabilimento) vale carta straccia, a causa degli abusi di governo Gentiloni. La conferma dal Tribunale di Roma e le soluzioni da adottare.
Sede dello stabilimento e decreti origine, il tradimento del governo Gentiloni
La sede dello stabilimento in etichetta dei prodotti alimentari – come chi scrive ha sempre sostenuto e tuttora ribadisce – è un Must per la salvaguardia e la valorizzazione del Made in Italy a livello planetario. E deve venire accompagnata da un generoso programma di educazione dei consumAttori, in Italia e nel mondo.
Il governo Gentiloni però ha deliberatamente violato le regole europee che presiedono all’adozione delle norme tecniche nazionali. Con la certezza di privare di efficacia sia il d.lgs. 145/17 (recante obbligo di indicare la sede dello stabilimento sulle etichette dei prodotti alimentari ‘Made in Italy’), sia i decreti ministeriali sull’origine di grano e semola nella pasta, latte nei latticini, riso, pomodoro nelle conserve.
Tutti i citati decreti sono incostituzionali (per violazione del Trattato sul Funzionamento dell’UE, TFUE), si noti bene, non a causa dell’Europa ‘cattiva’. La quale pure – con l’appoggio di Gentiloni e degli eurodeputati italiani che ancora siedono a Strasburgo – ha adottato l’osceno regolamento ‘Origine Pianeta Terra‘. (1) I decreti sono illegittimi invece perché Paolo Gentiloni, Maurizio Martina e Carlo Calenda – i sedicenti ‘amici dell’Europa’ – hanno calpestato le regole di base.
Sede dello stabilimento, Andrea Olivero vs. Great Italian Food Trade. Doppio KO
Andrea Olivero, ex braccio destro di Maurizio Martina, aveva intimato allo scrivente di rimuovere gli articoli dedicati alle balle spaziali del governo guidato da Paolo Gentiloni sulla sede dello stabilimento. Senza ricevere soddisfazione, poiché Great Italian Food Trade è Fedele alla Linea dell’informazione veritiera e critica, senza bavagli.
Chi scrive ha così subito una querela, in ordine alla quale la Procura della Repubblica ha subito chiesto l’archiviazione, e un ricorso d’urgenza al Tribunale Civile di Roma. Che si è a sua volta pronunciato, respingendo il ricorso di Andrea Olivero e condannandolo a pagare le spese di giudizio.
‘Il contenuto dell’articolo per cui è causa, pur con le espressioni colorite e veementi tipiche del mezzo espressivo utilizzato e comprensibili tenuto conto del profilo personale e professionale dell’autore, che è un esperto ed appassionato di diritto alimentare che ha scritto, fra gli altri, quattro libri in tema di etichettatura di alimenti, non riveste carattere diffamatorio e offensivo, stante l’interesse pubblico della informazione e la sostanziale verità della informazione propalata, considerato il difetto dell’iter procedurale del D. lgs. 145/2017, per la mancata notifica, con le conseguenze indicate dal punto di vista operativo, che ne minano la obbligatorietà’. (Tribunale di Roma, XVIII Sezione Civile, Ordinanza 3.1.19 in procedimento n. r.g. 41840/2018)
Sede dello stabilimento, la pronuncia del Tribunale di Roma
Il Tribunale Civile di Roma, nell’ordinanza testé citata, ha ricostruito gli abusi posti in essere da Maurizio Martina, Carlo Calenda, Paolo Gentiloni, Beatrice Lorenzin. I quali hanno posto in essere violazioni del diritto europeo tali da compromettere l’efficacia del decreto legislativo 145/2017. In barba a quanto invece dichiarato da Andrea Olivero. A seguire, un estratto della pronuncia del Tribunale.
‘Il decreto legislativo 145/2017, che impone ai produttori di alimenti di elencare nelle etichette dei prodotti alimentari la sede dello stabilimento di produzione o, se diverso, di confezionamento sulla confezione, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 7/10/2017, risulta carente del suo iter di perfezionamento e di efficacia perché non è stato debitamente notificato alla Commissione Europea, sulla base della direttiva 98/34 UE, sostituita dalla direttiva 2015/1535 /UE.
Sulla base della citata direttiva è prevista una procedura di informazione nel settore delle norme e delle regolamentazioni tecniche per la circolazione di beni, prodotti, persone, servizi e capitali nel mercato dell’Unione, inteso come spazio senza frontiere interne, per cui gli Stati membri che desiderano introdurre una legge nazionale sono tenuti ad effettuare la notifica alla Commissione Europea, in modo che la stessa possa garantire che la legge non sia in contrasto con le norme UE ed eventualmente disporre la sospensione dell’iter legislativo per un periodo minimo di tre mesi per proporre modifiche della misura progettata.
Nel caso in esame, l’Italia ha notificato alla Commissione Europea la sua proposta di legge il 30/3/2017, ma la stessa è stata oggetto di parere circostanziato della Commissione Europea del 3/7/2017 che ne ha escluso la legittimità, per incompatibilità dello schema di decreto con il Regolamento UE n. 1169/2011, sulla etichettatura degli alimenti, in quanto esso prevede informazioni obbligatorie in etichette dei prodotti alimentari ulteriori rispetto a quelle stabilite dal regolamento UE citato nel tassativo elenco di quell’art. 9.
L’emissione di un parere circostanziato comporta per lo Stato membro che abbia elaborato il progetto di regola tecnica l’obbligo di rinviare l’adozione di sei mesi, a decorrere dalla data della comunicazione.
L’Italia ha successivamente effettuato una ulteriore notifica il 20 settembre 2017 ai sensi dell’art. 114 del TFUE, ma la Commissione Europea ha comunicato al governo italiano l’irricevibilità della notifica a Bruxelles del decreto legislativo 145 /2017, a mezzo di lettera del 28 gennaio 2018 indirizzata al Ministro degli Esteri e della Cooperazione economica.
Sulla base della interpretazione in più occasioni fornita dalla Corte di Giustizia, l’inadempimento dell’obbligo di notifica di una regola tecnica, per il conseguente contrasto alla normativa della Unione, comporta la inapplicabilità della normativa interna e la non opponibilità ai privati, con la conseguenza che questi ultimi possono avvalersi del vizio procedurale – la mancata notifica – per eccepire l’inapplicabilità delle regole tecniche interne nei loro confronti innanzi ai giudici nazionali, ai quali compete la disapplicazione di una regola tecnica nazionale che non sia stata notificata conformemente alla direttiva citata.’
Conclusioni
I diritti d’informazione e di critica mantengono un ruolo essenziale nella democrazia costituzionale. Valga perciò questa breve notizia di cronaca a mettere in guardia i malfattori e i loro azzeccagarbugli, nei confronti di Great Italian Food Trade e della comunità dei giornalisti seri. Siamo Fedeli alla Linea dell’informazione senza bavagli, fronteggiamo le intimidazioni, rifuggiamo le fake news.
Sulla sede dello stabilimento e l’origine delle materie prime, purtroppo invece, è tutto da rifare. Gli abusi del precedente governo non potranno mai venire sanati, poiché i decreti sono stati emanati violando le regole essenziali di notifica delle norme tecniche. Il Governo in carica dovrebbe piuttosto muoversi:
– nell’immediato, per notificare a Bruxelles lo schema di decreto sull’indicazione obbligatoria dell’origine delle carni servite nei pubblici esercizi,
– a maggio prossimo, con la Commissione europea che verrà, per introdurre a livello UE regole serie e coerenti agli interessi della filiera agroindustriale e dei consumAttori. In due parole, sede stabilimento (‘Made in’) e origine materie prime obbligatori e precisi. #eatoriginal
Eat ORIGINal! Unmask your food è l’iniziativa dei cittadini europei a cui tutti dobbiamo aderire, aggiungendo la nostra firma al link https://www.eatoriginal.eu/.
Dario Dongo
Note
(1) V. reg. UE 2018/775

Dario Dongo, avvocato e giornalista, PhD in diritto alimentare internazionale, fondatore di WIISE (FARE - GIFT – Food Times) ed Égalité.