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Sede dello stabilimento, è decreto

Bim-Bum-Bam! Come per magia, il decreto legislativo sulla sede dello stabilimento supera gli insormontabili ostacoli di Bruxelles e va alla firma del Consiglio dei Ministri. Sogno o realtà? La seconda, si direbbe.

Ripristinare la sede dello stabilimento, quale notizia obbligatoria sulle etichette degli alimenti Made in Italy è da sempre una priorità di chi crede e investe sulla nostra filiera produttiva. Non a caso avversata da Big Food, che invece specula sull’Italian Sounding, spacciando per italiane derrate prodotte dove più convenga.

Il governo è stato costretto a riproporre tale obbligo, a dispetto delle resistenze delle multinazionali del cibo, proprio grazie all’insistenza dei ConsumAttori e imprenditori più determinati, che hanno dato seguito alla nostra petizione.

Le 10 grandi sorelle del cibo hanno perciò organizzato un efficace sbarramento a Bruxelles, ove gli Stati membri e la Commissione hanno opposto con tenacia lo schema di provvedimento a tutela del Made in Italy.

A sorpresa, il governo ha fatto marcia indietro. Ritirando il progetto normativo in esame dal sistema di notifica europea cui è doveroso sottoporre ogni norma tecnica nazionale che incida su beni e servizi. E proprio quando si attendeva un aut-aut di Bruxelles – del tipo, o l’Italia ritira l’iniziativa o viene sottoposta a procedura d’infrazione – il decreto ha ricevuto l’informale placet della Commissione europea ed è giunto alla firma del Consiglio dei Ministri. (1)

Un gioco di prestigio che si spiega solo con le inafferrabili logiche della politica. La quale sfugge perfino ai principi di diritto europeo consolidato nel Trattato, (2) e negli atti che ne derivano. Un’amichevole pacca sulla spalla, in apparenza, (3) dal Commissario Junker al premier Gentiloni. In cambio di cosa, non è neppure dato immaginare.

‘Il decreto prevede, per tutti i prodotti alimentari preimballati destinati al consumatore finale o alle collettività, l’obbligo dell’indicazione sull’etichetta della sede dello stabilimento di produzione o, se diverso, di confezionamento’ (CdM, comunicato stampa n. 44, 15.9.17)

I controlli e le sanzioni sono affidati al ‘Dipartimento dell’Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, fatte salve le competenze spettanti ai sensi della normativa vigente all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, nonché quelle degli organi preposti all’accertamento delle violazioni.’ (4)

Il testo del decreto non è ancora disponibile,  governance e trasparenza sono ignote perfino al Ministero ove Carlo Calenda pontifica sulla ‘economia 4.0’. Rimane dunque la curiosità di sapere, ad esempio, se sia stato mantenuto il curioso limite di applicazione ai soli prodotti alimentari ‘trasformati’.

Attendiamo fiduciosi!

Dario Dongo

Note

(1) V. comunicato stampa 15.9.17 n. 44, punto 4, su http://www.governo.it/articolo/comunicato-stampa-del-consiglio-dei-ministri-n-44/8086

(2) Sembra che proprio la Commissione europea abbia suggerito all’Italia di bypassare le procedure di notifica delle norme tecniche (sistema TRIS di cui alla dir. 98/34/CE, reg. UE 1169/11). Appellandosi invece all’articolo 114 del Trattato, che consente agli Stati membri di ‘mantenere disposizioni nazionali giustificate da esigenze importanti di cui all’articolo 36 (moralità pubblica, ordine pubblico, pubblica sicurezza, tutela della salute e della vita delle persone e degli animali o preservazione dei vegetali…’.

(3) La procedura adottata ai sensi del TFUE, articolo 114, prevede infatti che nei sei mesi successivi alla pubblicazione della norma la Commissione possa intervenire a richiedere la sua rimozione. Non è dunque escluso che ciò possa accadere, magari dopo le elezioni politiche 2018

(4) In linea con l’improvvida decisione adottata nel decreto sanzioni relativo al reg. UE 1169/11

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