A due soli anni dall’ultima modifica, il Consorzio del Parmigiano Reggiano DOP ha ottenuto dal MiPAAF il via libera per aggiornare il disciplinare del re dei formaggi a latte crudo. (1)
Il nuovo disciplinare modifica lievemente alcuni requisiti di produzione e definisce le condizioni d’impiego di diciture facoltative relative al sapore. From feed to fork, le novità a seguire.
Bovine da latte in ingresso
Maggior rigore si applica anzitutto all’ingresso di bovine da aree esterne alla zona di origine:
– attualmente possono venire utilizzate ‘vacche in lattazione e in asciutta dopo non meno di quattro mesi dall’introduzione nell’azienda’. A condizione che nei primi 4 mesi di soggiorno le vacche vengano ‘alimentate conformemente alle norme del presente Regolamento’ e il latte eventualmente prodotto non sia conferito al caseificio,
– il nuovo disciplinare invece prescrive che ‘gli animali provenienti da filiere produttive diverse da quella del Parmigiano Reggiano devono essere introdotti negli allevamenti inseriti nel sistema di controllo non oltre il compimento del decimo mese di età.’
Alimentazione delle vacche
L’alimentazione delle vacche viene sottoposta a regole più rigorose. Rimane fermo il divieto di somministrare ‘alle bovine da latte, né direttamente, né come ingredienti dei mangimi i saponi e tutti i grassi (oli, seghi, strutti, burri), siano essi di origine animale o vegetale.’ E tuttavia:
– viene dimezzata, da 100 a 50 grammi/capo/giorno, la dose massima di amminoacidi, vitamine, minerali ed altri nutrienti che possono venire forniti in premiscele (con eventuale supporto di soli ‘oli e grassi vegetali in ogni forma e tipologia’),
– è imposto un limite alla ‘quantità giornaliera di lipidi (valutati come estratto etereo) somministrati agli animali in lattazione’. Non oltre il 4,0% della sostanza secca totale e i 700 gr. come quantità apportata da mangimi.
Latte
Il latte utilizzato per produrre il Parmigiano Reggiano, secondo antica tradizione, non può venire sottoposto a trattamenti termici. Il nuovo disciplinare precisa che esso non può neppure venire sottoposto a trattamenti ‘fisici, meccanici quali, ad esempio, centrifugazione, bactofugazione e microfiltrazione.’ Rimane fermo il divieto di utilizzare additivi alimentari, uno degli elementi che distingue il Parmigiano dal Grana Padano (ove è invece ammesso l’impiego del conservante lisozima da uovo).
Il sieroinnesto impiegato per la fermentazione rigorosamente naturale, ora si precisa, non può ricevere aggiunta di ‘colture di batteri lattici correttive o di rinforzo, nonché di integratori nutrizionali per favorire lo sviluppo della flora lattica. È consentita la sola aggiunta di una aliquota di latte.’ Ed è comunque possibile ‘conservare anche una percentuale superiore al 15% dell’aliquota del latte del mattino qualora questa consenta di produrre al massimo una forma’ (superando così il limite del 15% finora stabilito).
La lavorazione
La lavorazione del formaggio, come quella del latte, non ammette innovazioni tecnologiche. Un apposito paragrafo vieta perciò che il Parmigiano Reggiano possa venire sottoposto a trattamenti in grado di alterare le caratteristiche chimico/fisiche e organolettiche previste dal disciplinare.
La formatura poi si stringe. Così – se la proposta di modifica verrà approvata, come pressoché scontato – il diametro massimo della forma del formaggio dovrà ridursi da 45 a 43 centimetri.
Grattugiatura e confezionamento
Tutte le operazioni di grattugiatura, porzionatura e successivo confezionamento del formaggio, chiarisce il nuovo disciplinare, devono venire eseguite esclusivamente all’interno della zona di origine.
Si supera così l’incertezza del disciplinare coevo, laddove era previsto che ‘il confezionamento del formaggio Parmigiano Reggiano grattugiato e in porzioni con e senza crosta’ venisse eseguito nella zona di origine, senza però chiarire se porzionatura e grattugiatura dovessero avvenire nello stesso luogo del confezionamento.
Prodotto grattugiato, no additivi sì agli sfridi
È vietato aggiungere al Parmigiano Reggiano grattugiato qualsivoglia sostanza da esso diversa, al di fuori degli sfridi di cui a seguire. In precedenza il divieto era invece circoscritto alla ‘aggiunta di sostanze atte a modificare la conservabilità e le caratteristiche organolettiche originarie’.
Lo sfrido, il residuo da lavorazioni di Parmigiano Reggiano, viene citato in due nuovi articoli. Il Consorzio apre infatti alla possibilità del suo impiego in ulteriori rilavorazioni di Parmigiano Reggiano, da parte di soggetti inseriti nel sistema di controllo.
Marchiatura
La disciplina della marchiatura appare semplificata, nei rapporti tra produttori e Consorzio. Viene cancellato ad esempio il termine di 4 mesi oggi previsto, prima che i caseifici che intendano produrre Parmigiano Reggiano possano iniziare la propria attività.
L’operatore può poi scegliere se apportare la marchiatura di origine con la tradizionale placca di caseina ovvero con ‘sistemi equivalenti’. Il Consorzio non definisce i sistemi equivalenti, limitandosi a prescrivere la loro idoneità a identificare in modo univoco ogni forma.
Parmigiano Reggiano, stagionatura e appellativi
La stagionatura del formaggio viene estesa fino a 40 mesi. E le descrizioni facoltative delle proprietà organolettiche dei prodotti sono ora vincolate al rispetto di requisiti minimi di stagionatura, che in tal caso va altresì indicata:
– delicato (12-19 mesi),
– armonico (20-26 mesi circa),
– aromatico (27-34 mesi circa),
– intenso (35-45 mesi circa).
Si attende ora il via libera della Commissione europea.
Dario Dongo e Silvia Giordanengo
Note
(1) Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali (MiPAAF). Proposta di modifica del disciplinare di produzione della denominazione di origine protetta «Parmigiano Reggiano». (20A07198). In GU Serie Generale n.3 del 05-01-2021