Origine obbligatoria del riso in etichetta. Il ministro Maurizio Martina ha finalmente annunciato il decreto per introdurla. Una buona notizia, in attesa di conoscerne gli effettivi sviluppi.
Il ministro delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali ha incontrato a Roma il 13 aprile 2017 gli assessori all’agricoltura delle Regioni Piemonte e Veneto, Giorgio Ferrero e Giuseppe Pan. Insieme ai rappresentanti delle organizzazioni agricole e dell’industria, e l’Ente Nazionale Risi.
Origine obbligatoria del riso in etichetta per sostenere il Made in Italy
La produzione di riso italiano – primo in Europa, per quantità (1) e varietà – è afflitta da una crisi di mercato intollerabile. I listini al ribasso risentono della concorrenza dei risi asiatici, importati a dazio zero nell’Unione Europea. E l’offerta delle varietà autoctone rimane in larga parte priva di sbocchi.
Un piano di interventi per valorizzare le produzioni locali e tutelare il reddito dei produttori agricoli di riso italiano é stato annunciato. Con l’impegno a stanziare 2 milioni di euro nella ‘promozione delle qualità di riso‘, e una serie di misure specifiche. Misure che a ben vedere la Camera dei deputati aveva invocato già dal novembre 2015, con varie mozioni del Movimento 5 Stelle.
L’origine obbligatoria del riso in etichetta, a quanto pare, sarebbe prevista in un decreto che avrebbe già raccolto il consenso del ministro per lo Sviluppo Economico Carlo Calenda. E dunque:
– in Italia, l’etichettatura d’origine obbligatoria dovrebbe venire sperimentata presto. Con dovere di precisare il Paese di coltivazione e quello di lavorazione, ‘in un punto evidente‘ della confezione. Soltanto sui risi lavorati e/o confezionati e commercializzati nel nostro Paese. Il principio di libera circolazione delle merci, impedisce infatti l’estensione della regola ai prodotti legittimamente realizzati in UE. (2) Frattanto,
– in Europa, il governo italiano promette di farsi parte attiva nel promuovere l’origine obbligatoria del riso in etichetta su ogni prodotto lavorato e/o confezionato in UE. A ben vedere il regolamento UE 1169/11 aveva previsto che la Commissione europea valutasse l’opportunità di estendere l’indicazione obbligatoria d’origine agli alimenti mono-ingrediente, tra gli altri. Ma Bruxelles, a dispetto dei ripetuti solleciti del Parlamento europeo, si è orientata in direzione opposta.
Frenare i danni dell’import a dazio zero
Le importazioni in UE a dazio zero sono altresì prese di mira dal ministro, il quale promette di chiedere alla Commissione europea l’attivazione urgente della c.d. clausola di salvaguardia. L’unica via per tamponare nell’immediato le ferite provocate dalle politiche neoliberiste europee alla filiera del riso. (3)
Nel medio termine, adduce il ministro, si dovrebbe rivedere il regolamento (UE) 978/2012, (4) introducendo ‘meccanismi più forti di tutela dei redditi dei produttori.’ Nelle more si chiederebbe l’attivazione di contingenti quantitativi alle importazioni di riso a dazio zero dai PMA. Ma è difficile credere che le parole dei ministri agricoli dei pochi Stati membri produttori di riso (Portogallo, Spagna, Francia, Grecia, Romania, Bulgaria) potranno influire sulle politiche commerciali europee. (5)
Note
(1) Il riso italiano è coltivato su 234mila ettari da 4.265 aziende risicole e trasformato da 100 imprese risiere. Per un valore complessivo di 1 miliardo di euro (rispetto ai 3 del valore totale in Europa)
(2) Il rispetto del principio di libero scambio non è bastato a impedire che Stati Uniti e Canada dichiarassero guerra ai decreti italiani sull’origine di latte e grano
(3) Alla depressione dei listini si aggiunge l’aggravarsi degli stock, +45% in Italia (260.111 ton) rispetto alla campagna precedente (+24% UE, a 546.000 ton)
(4) Il reg. (UE) 978/2012 applica un sistema di preferenze tariffarie generalizzate a favore dei Paesi meno sviluppati. In nome dell’aiuto internazionale (EBA, Everything But Arms) si privilegiano gli interessi mercantili degli oligarchi sulle due sponde. Senza alcuna ricaduta sul reddito medio delle popolazioni teoricamente beneficiarie
(5) Dai solenni principi alla dura realtà, il libero scambio impera. E i burocrati di Bruxelles non curano né l’integrità delle lontane filiere di produzione (a livello sanitario, ambientale, di sicurezza e tutela dei lavoratori), né l’impatto delle loro derrate sul mercato e le filiere nostrane. Dumping
Dario Dongo, avvocato e giornalista, PhD in diritto alimentare internazionale, fondatore di WIISE (FARE - GIFT – Food Times) ed Égalité.