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Mangimi ‘Ultima’, nuova istanza all’Antitrust

Pet food e bidoni, l’impunità regna sovrana. L’Antitrust ha creduto alle tesi difensive di Affinity Petcare SA, in replica alla nostra prima denuncia sui prodotti a marchio ‘Ultima. Insistiamo perciò nel proporre all’Autorità Garante per la Concorrenza e il Mercato (AGCM) l’opportunità di riconsiderare la vicenda, con un’apposita istanza di riesame.

Pet food, l’indagine di GIFT

Great Italian Food Trade prosegue la sua indagine sui cibi per animali da compagnia. Una premessa necessaria per indurre le autorità competenti e gli stessi operatori a riportare ordine in un mercato tuttora afflitto da innumerevoli frodi e inganni. Uno scenario inaccettabile in un Paese come il nostro, secondo solo all’Ungheria in Europa per la prevalenza di animali domestici, che sono presenti nel 52% delle case. (1)

5 miliardi di euro è il valore del mercato italiano di pet food e articoli per animali (dati 2017, in crescita). Sono 7,5 milioni i gatti, 7 milioni i cani, a cui si aggiungono 13 milioni di volatili, 1,8 di criceti e conigli, 1,5 di pesci in Italia. Con significativo esborso dei consumatori, che spendono in media 371€ l’anno per nutrire, accudire e curare i loro affetti a quattro zampe.

Dopo avere pubblicato notizia della clamorosa frode sui cibi ‘monoproteici’, rivelata dall’Università di Padova senza comunicare i marchi e i nomi delle industrie coinvolte, il nostro sito GIFT (Great Italian Food Trade) ha segnalato all’Antitrust i mangimi commercializzati da Affinity Petcare SA, con il marchio ‘Ultima’, e quelli dal leader italiano Monge

La nostra ‘meticolosa disamina’ delle etichette, così come riconosciuta dalla stessa Monge, ha prodotto alcuni primi effetti. Il presidente del gruppo Monge ha dato atto della fondatezza delle nostre critiche, promettendo anche di attivarsi all’istante per allineare le proprie etichette alle regole vigenti.

Mangimi Affinity, la nostra prima segnalazione all’Antitrust

Affinity Petcare SA è un colosso spagnolo, €305 milioni di fatturato, al settimo posto su scala globale nella produzione di alimenti per animali da compagnia. I suoi prodotti a marchio ‘Ultima’ sono ubiquitari, in Italia. E tuttavia – a nostro umile avviso – presentano gravi irregolarità. Con particolare riguardo alle suggestive rappresentazioni grafiche di ingredienti neppure presenti (es. cosce di pollo) ovvero utilizzati in dosi ‘omeopatiche’ (es. ribes rossi, 0,01%!). Oltre ai relativi ‘claim’ nutrizionali e salutistici.

Great Italian Food Trade si è perciò rivolta all’Antitrust, il 22.8.18, chiedendo di fare luce sulle citate pratiche commerciali che riguardano 28 prodotti per cani e gatti. Invitando altresì alcuni gruppi della GDO (Famila, Iper Montebello, Coop Italia, PAM Panorama, Esselunga, Auchan e Carrefour) ad attivarsi nella verifica di legittimità delle etichette di pet food presenti sui propri scaffali. Informando di ciò anche le autorità sanitarie competenti.

 Ultima’, le difese di Affinity Petcare SA

Affinity Petcare SA – anziché riconoscere, quantomeno, gli eccessi del proprio marketing rispetto ai doverosi criteri di trasparenza nell’informazione ai consumatori – ha sostenuto che le proprie etichette sono pienamente in regola. Adducendo la sostanziale identità tra le cosce di pollo raffigurate e le ‘proteine disidratate di pollame’ invece utilizzate. E la ‘significatività’ degli ingredienti vegetali, in quanto disidratati a basse temperature che ne preserverebbero le caratteristiche (salvo omettere di indicare le temperature roventi cui i prodotti sono sottoposti nel successivo processo di estrusione). Tutto bene per l’Antitrust, che il 6.2.19 ha archiviato la pratica.

A nulla sono valse, evidentemente, le raccomandazioni ripetutamente espresse dal Ministero della Salute sull’inammissibilità del ricorso a immagini – in etichette e pubblicità – che non rispondano o siano comunque sproporzionate rispetto alla effettiva composizione dei mangimi. Nonché alla natura e allo stato fisico degli ingredienti utilizzati. Altrimenti è il caos, come appunto la realtà di molte e troppe etichette fuorilegge a scaffale, tuttora impunite.

Ultima’, la nostra istanza di riesame

Il Codice FEDIAF (the European Pet Food Industry Association), che integra la disciplina europea da applicare all’etichettatura del pet food, vieta espressamente l’impiego di immagini che enfatizzino la presenza di un ingrediente, laddove esso sia presente in forma diversa da quella raffigurata. (2) Sotto tale aspetto sono dunque irregolari le rappresentazioni di pollo, frutta e verdura freschi, laddove si tratti di ingredienti concentrati o liofilizzati.

Ulteriori criticità attengono ai ‘claim’ nutrizionali e relativi alla salute che sono associati alla frutta e verdura contenuta nei prodotti, ‘fonti naturali di vitamine, minerali e antiossidanti’. È invero incredibile che dosi omeopatiche di frutta e verdura in prodotti soggetti a estrusione (processo che secondo prassi industriali viene eseguito a temperature prossime ai 200° C) possano apportare i micronutrienti e fitocomplessi reclamati. Più facile a credersi che le relative sostanze chimiche di sintesi, non certo ‘naturali, siano state aggiunte a posteriori nei prodotti finiti.

Legalità e correttezza sono i fari che dovrebbero illuminare la lunga notte oscura del pet food in Italia. I consumAttori hanno diritto di ricevere notizie veritiere e obiettive sulle reali caratteristiche degli alimenti per animali da compagnia offerto a scaffale. Ma così non è, e le autorità si ostinano a fare come nulla fosse. Auspichiamo dunque di ricevere un segnale di attenzione, per il ripristino della legalità.

Dario Dongo  

Note

(1) Cfr. Censis, rapporto ‘Il valore sociale del medico veterinario’, presentato a Roma il 29.3.19

(2) V. reg. CE 767/09

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