Se si prende una bottiglia di vino italiano di qualità, certamente avrà un bollino sul tappo e il riferimento in etichetta agli acronimi DOC, DOCG o IGT. Quale la differenza? Si tratta di certificazioni riconosciute come “menzioni tradizionali” che, sul piano normativo e della tutela, sono assimilate alla DOP (DOC e DOCG) e alla IGP (IGT). Nel dettaglio:
DOC: la Denominazione di Origine Controllata, nata nel 1963, è il più antico riconoscimento di questo tipo introdotto in Italia. La prima DOC fu la Vernaccia di San Gimignano, nel 1966. Il marchio DOC si è rivelato fondamentale nella storia del vino nazionale, e l’acronimo è diventato di uso comune in italiano per indicare cose di valore e pregio.
DOCG: la Denominazione di Origine Controllata e Garantita è riservata ai vini già DOC da almeno 5 anni che siano ritenuti di particolare prestigio. Esprime un’identificazione più stretta del prodotto con il territorio. Il primo vino a fregiarsi della fascetta DOCG è stato il Vino Nobile di Montepulciano, nel 1980.
IGT: l’Indicazione Geografica Tipica impone regole del disciplinare meno severe delle alle altre due denominazioni. La IGT di solito si utilizza per tipologie di vino la cui zona di produzione è molto estesa.