I decreti italiani sull’origine degli ingredienti di pasta, riso e pomodoro – se pure illeciti ab origine, per palese contrasto con il diritto UE – vengono riportati alla luce.
Carta straccia
I nuovi abusi portano la firma di Teresa Bellanova e Stefano Patuanelli, rispettivamente ministri dell’Agricoltura e dello Sviluppo economico. I quali decretano la proroga di (in)efficacia dei citati ‘decreti origine’ fino al 31.12.21. All’improvviso e senza motivo, il 30.3.20. In sovrapposizione tra l’altro con il reg. UE 2018/775, sull’origine dell’ingrediente primario, che si applica proprio a decorrere dall’1.4.20.
Il rischio è costringere centinaia di migliaia di operatori del settore alimentare – già afflitti, nel lavoro e le famiglie, dalla pandemia coronavirus – a gettare al macero migliaia di tonnellate di imballaggi, frattanto adeguati al reg. UE 2018/775.
Un pesce d’aprile fuori luogo, che tuttavia non produrrà alcun effetto giuridico. Poiché ancora una volta si tratta di norme tecniche nazionali in tema di etichettatura degli alimenti non soggette a preventiva notifica alla Commissione europea, come si può verificare sulla relativa pagina web. Ed è questa la condizione, che manca, affinché le normative statali possano venire applicate.
È carta straccia insomma. Anzi carta pesta, in un periodo nel quale gli operatori della filiera agroalimentare in Italia hanno ben altre questioni da affrontare con urgenza. Un approfondimento.
La saga degli abusi in Italia
Nel 2017 il governo italiano, allora guidato da Paolo Gentiloni, ha calpestato ripetutamente le regole stabilite nel Trattato, nel regolamento (UE) 1169/11 e nella direttiva UE 2015/1535. Adottando il d.lgs. 145/17 (recante obbligo di indicare in etichetta la sede dello stabilimento), già dichiarato inapplicabile dal Tribunale Civile di Roma, con ordinanza 3.1.19. E tre decreti interministeriali, altrettanto inapplicabili per le medesime ragioni, relativi all’indicazione in etichetta dell’origine di grano e semola nella pasta, risone nel riso, pomodoro nelle sue conserve. (1)
Gli anzidetti ‘decreti origine’ – per loro espresse previsioni e benché, si ribadisce, inapplicabili – hanno perso efficacia l’1.6.18, data di entrata in vigore del reg. UE 2018/775 (c.d. Origine Pianeta Terra, OPT). Ma i pervicaci Paolo Gentiloni e Carlo Calenda – con il decreto interministeriale 7.5.18, anticostituzionale per contrasto con le preleggi (norme di rango para-costituzionale) – provavano a estendere l’applicazione dei ‘decreti origine’ fino all’1.4.20. (data di entrata in vigore del regolamento OPT).
Il 7.3.19 l’Italia ha poi notificato alla Commissione europea l’art. 3 bis del ‘decreto semplificazioni’ (D.L. 135/2018, convertito in legge 12/2019) sull’origine degli alimenti. Il 21.5.19 la Commissione europea ha però comunicato all’Italia l’illegittimità sostanziale, oltreché formale, della norma in questione. Con una missiva che, si noti bene, è stata resa pubblica non dal primo governo Conte allora al potere bensì da chi scrive, il 27.6.19, sul sito GIFT (Great Italian Food Trade). Nell’assordante silenzio della stampa e delle rappresentanze di filiera.
La vergogna a Bruxelles e Strasburgo
La Corte di Giustizia UE ha più volte affermato che il mancato rispetto della notifica preventiva a Bruxelles di ogni norma tecnica nazionale che incida su beni e servizi comporta la sua inapplicabilità. (3) La European Court of Justice (ECJ) ha altresì chiarito il dovere di tutte le amministrazioni di astenersi dall’applicazione di qualsivoglia norma tecnica nazionale che non sia stata ritualmente notificata e abbia ricevuto il via libera (sia pure per silenzio-assenso) dalla Commissione europea.
Nel 2017 la Commissione europea ha ricevuto notifica da chi scrive, in merito all’illegittimità dei ‘decreti origine’, del d.lgs. 145/17 (sede stabilimento) e della norma che prevede la ‘scadenza forzata’ del latte fresco. (4) A seguito di ripetuti solleciti senza risposta, l’11.8.19 GIFT (Great Italian Food Trade) ha messo in mora l’Esecutivo di Bruxelles. Inutilmente purtroppo, ancora una volta. (5)
Il Mediatore europeo è stato perciò interessato, sempre da chi scrive, il 22.1.20. Ma il mediatore di Strasburgo, con lettera 20.2.20 (v. Allegato), ha affermato l’arbitrarietà – in capo alla Commissione europea – di decidere se e quando intervenire nei confronti degli Stati che violino le regole UE.
Le imprese che producono carni e latticini in tutti i Paesi membri, rappresentate a Bruxelles dalle confederazioni CLITRAVI (Centre de Liaison des Industries Transformatrices de Viande) ed EDA (European Diary Association), hanno a loro volta rivolto un appello alla Commissione europea guidata da Ursula von der Leyen. Chiedendo anche loro, con lettera 4.3.20, il doveroso intervento di Bruxelles per la salvaguardia del Mercato interno dalla proliferazione di norme tecniche nazionali che variano da uno Stato all’altro.
Paga Pantalone?
Pantalone paga sempre, ingiustamente. Paga i ritardi della pubblica amministrazione, dalla quale ancora si attendono i soldi per gli stipendi di marzo dei lavoratori costretti alla cassa integrazione in deroga causa Covid-19 (‘Cura Italia’ o ‘Placebo Italia’?). Paga la cecità dei ministri di fronte alla crisi di agricoltura contadina e mercati diretti. E ora dovrebbe pure pagare l’incertezza di possibili controlli sull’applicazione di norme inapplicabili per contrasto col diritto UE? Proprio No, non se ne parla neppure (!).
Torniamo alla carica, a costo di investire ulteriori risorse in un’azione legale presso la Corte di Giustizia UE. Contribuzioni e partecipazioni gradite per sostenere un principio di civiltà, la certezza del diritto.
Dario Dongo
Dario Dongo, avvocato e giornalista, PhD in diritto alimentare internazionale, fondatore di WIISE (FARE - GIFT – Food Times) ed Égalité.