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Cosmetici bio, come scegliere?

I cosmetici bio sono in gran voga, sulla scia del miracolo economico registrato sui prodotti alimentari biologici nell’ultimo decennio. (1) Ma le regole sulla cosmesi bio sono ancora carenti. E allora, come scegliere?

Il desiderio di utilizzare prodotti naturali, compatibili con la salute e con l’ambiente, è sempre più diffuso, in Italia come in Europa. Gli alimenti bio, i detergenti e prodotti per la casa, e così anche i cosmetici.

Il settore della cosmesi ha saputo cogliere le enormi potenzialità del richiamo alla ‘naturalità’ dei prodotti, offrendo negli ultimi anni una straordinaria varietà di linee e di prodotti. Con evidenza dell’impiego di piante o loro estratti, e alcuni ingredienti del regno animale come la cera d’api e la bava di lumaca. Le parole-chiave sono ‘naturale’ e ‘bio’.

I regolamenti europei sulle produzioni biologiche (2) limitano tuttavia i propri campi di applicazione alle derrate agro-alimentari. Con apposita disciplina di requisiti di produzione, nonché dei sistemi di certificazione e di controllo. (3) Affinché ogni prodotto che rechi il logo europeo del bio, la fogliolina verde circondata da stelline bianche, garantisca il rispetto di identici criteri.

Non esiste invece alcuna norma cogente, a livello europeo o internazionale, per definire in modo univoco i cosmetici bio, o biologici. Più in generale, mancano regole su prodotti bio diversi dagli alimenti (es. home-care, tessile, bio-edilizia). E sui servizi, come la ristorazione e il catering, la lavanderia, etc. (4)

Come si spiega allora la presenza sul mercato di tanti ‘cosmetici bio’? É semplice. In assenza di regole uniformi, molti operatori hanno deciso di redigere appositi disciplinari privati per la produzione di cosmetici biologici. Col supporto degli enti di certificazione, per controllare la coerenza dei requisiti con gli obiettivi, vigilarne il rispetto, certificare i prodotti.

E allora, come scegliere i cosmetici bio? A fronte di un’unica certezza – l’assenza di regole uniformi su criteri di produzione e controllo – non ci si può che affidare all’attendibilità del marchio e della certificazione, nonché alle dichiarazioni in etichetta:

– verificare sulla confezione se e a quale disciplinare privato l’operatore faccia riferimento, e magari raccogliere notizie sui relativi siti internet, (5)
– valutare la rispondenza dei claims forniti in etichetta rispetto alle priorità individuali (es. vegano, cruelty-free, senza nichel, senza additivi chimici),
– leggere la composizione. (6) Per evitare l’acquisto di prodotti che, al di là di autocertificazioni talora spavalde, contengano sostanze pericolose quali i parabeni. O comunque materie prime non naturali (es. siliconi, paraffine, acido benzoico, alcol benzilico, derivati del petrolio, coloranti sintetici).

Dario Dongo (articolo redatto con il contributo di Luigi Tozzi)

Note

(1) Il mercato degli alimenti biologici in Italia è cresciuto del 15% nel solo 2016, secondo dati Nomisma. V. https://www.greatitalianfoodtrade.it/progresso/biologico-italiano-record
(2) Reg. UE 834/07 e 889/08. Si veda l’articolo http://www.ilfattoalimentare.it/si-fa-presto-a-dire-bio-ma-cosa-significa.html
(3) I controlli sul bio sono coordinati in Italia dal Ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali. Il quale conferisce delega ai vari organismi di certificazione accreditati (es. ICEA, CCPB, AIAB, BioAgriCert)
(4) L’utilizzo dei termini ‘biologico’ e ‘bio’, di conseguenza, è vietato solo in relazione ad alimenti non conformi al reg. UE 834/07. Ed è viceversa ammesso su altri prodotti e servizi
(5) La gran parte dei disciplinari – come Ecocert, il più diffuso in Europa – prescrive l’impiego quasi esclusivo di ingredienti naturali. Prevalenza di materie prime vegetali da coltivazioni biologiche o da raccolta spontanea. Divieto di utilizzo di conservanti chimici, nonché di sostanze non vegetali considerate a rischio in quanto allergizzanti, irritanti, etc.
(6) La composizione è prescritta in etichetta dal reg. CE 1223/09 sui prodotti cosmetici, all’articolo 19

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