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‘Breakfast Directives’. Origine ignota su marmellate, succhi e latte

Il 19 febbraio 2024 il Consiglio Speciale Agricoltura ha trovato un accordo con Parlamento e Commissione europea sul progetto di revisione delle ‘Breakfast Directives’, senza però introdurre l’obbligo di indicare in etichetta l’origine della frutta impiegata nei succhi e le marmellate, né quella del latte conservato.

Gli Stati membri e gli eurodeputati hanno invece deciso di prescrivere a chi confeziona il miele di specificare in etichetta non solo l’origine, già prevista dal 2001, ma addirittura le percentuali di miele di ogni singolo Paese di raccolta. Si preannunciano gravi danni per agricoltori, allevatori e consumatori. #VanghePulite.

1) ‘Breakfast Directives’, la riforma

La riforma delle ‘Breakfast Directives’ aggiorna i marketing standards – vale a dire le regole UE su composizione, denominazione di vendita, etichettatura e sulla presentazione di quattro categorie di prodotti alimentari:

– miele (dir. 2001/110/CE)

– succhi di frutta e altri prodotti analoghi destinati all’alimentazione umana (dir. 2001/112/CE)

– confetture, gelatine e marmellate di frutta e crema di marroni (dir. 2001/113/CE)

– alcuni tipi di latte conservato, parzialmente o totalmente disidratato (dir. 2001/114/CE). (1)

2) Succhi di frutta, marmellate, confetture, latte conservato. Origine ignota

La Commissione europea aveva motivato la riforma con l’esigenza di ‘tutelare gli interessi dei consumatori e di garantire la libera circolazione di tali prodotti nel mercato interno’. Con l’obiettivo specifico, tra gli altri, di ‘proporre l’estensione delle indicazioni obbligatorie di origine o provenienza a determinati prodotti’.

Le tre istituzioni – Parlamento europeo, – Consiglio e Commissione – hanno però deciso di mantenere ignota, in etichetta, l’origine di:

– frutta utilizzata in succhi di frutta, confetture e marmellate

– latte usato per produrre latte conservato.

3) Origine frutta e latte ignoti, quali conseguenze

L’Italia, negli ultimi venti anni, ha registrato il crollo della produzione di pere (-50%) e di pesche (-30%), oltreché di uva da tavola (-20%). (2) Solo le mele hanno resistito, con un lievissimo incremento (+5%) che tuttavia presenta criticità ambientali e di salute pubblica legate al largo uso di pesticidi. (3)

Coldiretti, il suo ‘ministro cognato’ e l’eurodeputato presidente della sua Filiera Italia, Paolo De Castro, hanno però votato a favore di chi vuole nascondere l’origine della frutta. I soci di Filiera Italia (es. Conad, Carrefour, CRAI, DimmidiSì) potranno così privilegiare la frutta estera, senza dir nulla al consumatore.

Il grande vincitore di questa partita è l’industria tedesca che così potrà continuare a nascondere l’impiego di frutta e latte extra-UE, possibilmente dall’Ucraina in dumping socio-economico e ambientale. Un altro amico oscuro, di Coldiretti, la Inalpi SpA, potrà a sua volta ricevere vantaggio dal non-obbligo di indicare l’origine del latte. (4)

4) Miele, le etichette impossibili

L’indicazione obbligatoria di origine sull’etichetta del miele era già stata introdotta nel 2001. Sarebbe bastato estendere tale obbligo alle miscele di miele, poiché esso era stato rimesso alle scelte dei singoli Stati membri. Le istituzioni europee non si sono però accontentate di ciò e hanno preteso che su tutte le confezioni di miele vengano precisate:

– le quantità esatte (con una tolleranza del 5%) dei mieli di ogni diversa origine in etichetta. Anche sui vasetti monoporzione (< 30 g), ove i Paesi andranno indicati tramite le sigle (ISO 3166). Con la sola

– facoltà, per i singoli Stati membri, di non imporre l’indicazione delle quantità esatte dei mieli successivi ai primi quattro di diversa origine, se questi rappresentino più del 50% rispetto al totale nella miscela.

Nei fatti, le aziende che confezionano le miscele di miele commerciale (UE e non UE, in base a stagioni, disponibilità e prezzi) destinate agli scaffali dei supermercati dovranno riorganizzare gli impianti e stampare nuove etichette a ogni turno di lavorazione, o quasi. I costi aumenteranno parecchio e così i prezzi di vendita, per il solo accanimento sulle percentuali. (5)

5) Conclusioni provvisorie

Il Parlamento Europeo è chiamato all’approvazione formale della riforma in oggetto – i cui (scarni) contenuti di base sono già stati analizzati (1) – alla sessione plenaria dell’11-12 marzo 2024.

Meglio sarebbe disapprovare il testo e rinviare alla prossima legislatura una riforma che consideri sia i legittimi interessi di agricoltori e allevatori, sia le esigenze dei consumatori. (6)

Se invece la riforma verrà approvata, come molto probabile, gli operatori avranno due anni di tempo per applicare le nuove norme dopo la sua entrata in vigore, nei 15 giorni dalla sua pubblicazione.

Dario Dongo

#VanghePulite

Note

(1) Dario Dongo, Alessandra Mei. Miele, succhi di frutta, confetture e marmellate, latte disidratato. Proposte di riforma dei marketing standard in UE. GIFT (Great Italian Food Trade). 3.5.23

(2) Stefano Vaccari (direttore generale CREA, Consiglio nazionale per la Ricerca in Economia Agraria). La lunga crisi dell’agricoltura italiana: oggi si produce il 10% in meno di vent’anni fa. Agrisole. 11.1.24 http://tinyurl.com/4nm88rwz

(3) Alessandra Mei. Pesticidi, dai meleti della Val Venosta alle vette alpine. Lo studio su ‘Nature’. GIFT (Great Italian Food Trade). 17.2.24

(4) Dario Dongo. Inalpi, Coldiretti e Compral Latte. #VanghePulite. GIFT (Great Italian Food Trade). 21.8.21

(5) Il delirio normativo era andato addirittura oltre, al Parlamento Europeo. Si veda il precedente articolo di Dario Dongo. Breakfast directives, il Parlamento europeo alza le barriere contro il miele extra-UE. GIFT (Great Italian Food Trade). 12.12.23

(6) Il consumatore che acquista un barattolo di miele extra-UE a 6 €/kg, invece di un miele italiano o francese a 10-12 €/kg, è davvero interessato a spendere 1 € in più solo per sapere se la miscela ha x% di miele argentino e y% di miele ucraino, o preferisce risparmiare e si accontenta di conoscere i Paesi d’origine?

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