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Torrone di Bagnara IGP, dolcezza calabra

Il Torrone di Bagnara IGP è oggi l’unico prodotto del suo genere a ottenere la certificazione della Indicazione geografica. I maggiori estimatori e consumatori si trovano dove viene prodotto, in Calabria. Seguono con numeri significativi Roma e Torino. All’estero, i torroni calabresi sono apprezzati in Europa, Canada e Stati Uniti.

Torrone di Bagnara IGP, il lavoro invernale dei pescatori

Il periodo produttivo è concentrato nei mesi invernali, per quanto si cerchi di mantenere una certa continuità produttiva mediante l’uso di semi lavorati. La produzione è limitata, circa 1500 quintali annui da parte di una decina di aziende comprensive di piccoli laboratori di pasticceria e di ditte industriali.

Nell’ultimo trimestre dell’anno, gli operatori coinvolti nella produzione di torrone variano dai 5 ai 15 a seconda delle dimensioni aziendali. Il prodotto viene venduto per il 30% mediante una vendita diretta, per il 35% attraverso negozi specializzati e per il restante 35% attraverso la grande distribuzione.

In passato, la produzione del Torrone di Bagnara ha rappresentato una grande opportunità di occupazione per il paese di Bagnara Calabra. Fino alla metà del secolo scorso le operazioni sulle materie prime, come la raffinazione dello zucchero, venivano svolte in loco e richiedevano manodopera. Anche i pescatori, durante i mesi invernali, vi lavoravano.

Torrone di Bagnara IGP, le due coperture

Esistono due versioni del Torrone di Bagnara, differenti tra loro a seconda dello strato esterno:

– il Torrone Martiniana presenta una copertura con zucchero in grani, una superficie increspata e un colore marrone,

– il Torrone Torrefatto Glassato, invece, è caratterizzato da una copertura con cacao amaro. In questo caso la superficie è lucente, liscia e levigata, pur mantenendo il colore scuro.

Nella preparazione viene sempre impiegato il cacao, e non il cioccolato. Questa accortezza impedisce eventuali scioglimenti della copertura a temperature superiori ai 32°C, permettendo il consumo del prodotto durante tutto l’arco dell’anno.

Pasticcere‘ e mastro torronaio

L’areale di produzione è circoscritto al comune di Bagnara Calabra, situata in provincia di Reggio Calabria. Tale cittadina è localizzata nel cuore della splendida Costa Viola, sul tratto di mar Tirreno antistante lo Stretto di Messina. Un’area che vanta pure altre delizie di pregio, come l’arancia di Villa e il pesce spada alla Bagnarota.

Nell’areale citato vengono distinte le figure del pasticcere e del mastro torronaio. Il primo è semplicemente un esperto produttore di prodotti dolciari, magari rivisitazioni della tradizione calabrese. Il secondo ha invece le competenze specifiche per produrre un Torrone di Bagnara IGP.

Torrone, l’etimo perduto

Le origini del torrone si perdono nel tempo e lo stesso etimo della parola ‘torrone’ rimane dibattuto. Secondo alcuni studiosi essa deriverebbe dal latino torreo, ossia abrustolire, o da ‘toreere‘, cioè tostare, in riferimento al trattamento che ancora oggi le mandorle subiscono.

Altre voci attribuiscono l’etimo allo spagnolo turun, termine che compare per la prima volta nel trattato ‘De medicinis et cibis semplicibus‘ del medico Abdul Mutarrif di Cordova (Spagna).

Una rivisitazione del qubbayt?

È probabile che il torrone affondi le sue radici nella cultura delle popolazioni arabe, presso cui vengono tutt’oggi offerti dolci a base di mandorle, che avrebbero importato prima in Spagna e poi in Italia una sorta di progenitore del prodotto che conosciamo oggi, il qubbayt, parola che è confluita nel siciliano ‘cubbaita‘, dolce a base di miele, mandorle e semi di sesamo.

Per altri ancora, invece, la tradizione del torrone è strettamente legata all’ordine dei monaci cistercensi, che durante le ricorrenze religiose erano soliti produrre dolci da distribuire al popolo, anche come forma di espediente per sfruttare la produzione locale di miele e mandorle.

Gli ingredienti del Torrone di Bagnara IGP

Il disciplinare di produzione del Torrone di Bagnara IGP identifica una serie di ingredienti fondamentali: mandorle dolci non pelate e tostate, zucchero semolato, miele d’arancio o millefiori chiaro o di Sulla, cacao amaro in polvere, cannella e chiodi di garofano.

Oltre a questi è possibile aggiungere: albume d’uovo di gallina, albumina, vanillina e oli essenziali.

Il processo produttivo

Il processo produttivo inizia amalgamando la massa zuccherina, ossia lo zucchero semolato e il miele, affinché essa possa accogliere gli altri ingredienti.

Nella versione ‘Martiniana’, in cui la massa zuccherina è quasi totalmente composta di saccarosio, la fase preliminare non si rende necessaria. Pertanto, le mandorle possono essere direttamente aggiunte.

Cotto ‘a manto di monaco’

Segue la cottura in caldaia a fuoco diretto del composto con eventuale aggiunta di albume d’uovo o albumina a una temperatura iniziale compresa tra i 180 e i 200 °C. Questa fase si protrae per un periodo di tempo necessario affinché il composto, attraverso una mescolatura meccanica, acquisti una tonalità di marrone, nota come ‘a manto di monaco’, cioè simile alla tonalità del saio monacale.

Si procede quindi con l’aggiunta di albume o albumina e con una successiva cottura lenta e graduale. Poi gli aromi naturali (cannella e chiodi di garofano) e, nella versione ‘Torrefatto glassato’, le mandorle non pelate preventivamente tostate, mescolando.

La finalità di questa fase è ottenere una massa omogenea nota come ‘cotta’, ossia la pasta calda e ancora informe del torrone, di consistenza idonea a trattenere gli altri ingredienti, ma non tanto compatta da impedire la modellatura. Può seguire un’aggiunta di vanillina.

La fase della porzionatura

Segue la fase di raffreddamento e porzionatura, in cui la cotta viene rimossa dalla caldaia e lasciata raffreddare, dopo averla versata in apposite forme fino al raggiungimento di una temperatura compresa tra i 60 e i 70 °C.

La porzionatura viene effettuata mediante coltelli o meccanicamente. Nel primo caso, l’impasto si adagia in telai di legno o in materiale idoneo all’uso alimentare in forma di rotoli allungati, i quali vengono divisi a mano in base alla pezzatura desiderata.

Nel processo meccanizzato, invece, l’impasto è sistemato su stampi della taglierina, quindi tagliato in pezzature idonee per l’immissione in commercio.

La glassatura

I torroni vengono quindi glassati mediante la copertura superficiale esterna di un sottile strato di glassa a base di zucchero. Prestando attenzione a scolare lo zucchero in eccesso, per evitare che il prodotto sia eccessivamente dolce.

Segue il passaggio nello zucchero semolato (sostituibile parzialmente con zucchero fondente). Può verificarsi anche l’impiego di cacao amaro in polvere, utile a conferire al prodotto il caratteristico colore marrone scuro.

Torrone di Bagnara IGP, forma e sostanza

Il Torrone di Bagnara IGP, come riporta il disciplinare, si presenta come un parallelepipedo di forma rettangolare con spigoli smussati, con un peso compreso tra i 14 e i 35 g. Ricoperto all’esterno da un colore marrone uniforme, la consistenza deve risultare croccante e friabile.

Al gusto, gli aromi si rivelano progressivamente. L’iniziale voluta dolce lascia spazio alle note affumicate che derivano dal processo di tostatura delle mandorle, e si conclude con la percezione delle note più speziate. Provare per credere.

Laureata in scienze gastronomiche all'Università di Parma, con una grande passione verso lo sviluppo sostenibile e l’innovazione nella filiera agroalimentare.

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