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PAC post 2020, ambiente e salute a rischio. Appello al Parlamento UE

La PAC post 2020 – vale a dire, la riforma della Politica Agricola Comune per gli anni a venire – mette a serio rischio biodiversità, ambiente e salute pubblica.

Le promesse della Commissione europea, il Green Deal e la transizione ecologica vengono tradite dagli accordi sottobanco tra l’agrochimica e la politica.

L’ultima chance è affidata ai singoli eurodeputati, chiamati al voto il 20.10.20. Ci rivolgiamo ai 76 eletti dai cittadini italiani (qui i loro nomi e le email), affinché riflettano sul bene dei nostri figli e votino secondo coscienza. Più aree protette, meno veleni. Condividiamo l’appello delle associazioni per la tutela dell’ambiente e le colture bio. Ecco perché.

Un accordo ‘contro natura’ nel nostro nome?

Un accordo  ‘contro natura’ sarebbe già intervenuto sottobanco tra le lobby di agrochimica, agricoltura industriale e i grandi gruppi politici dell’Assemblea di Strasburgo:

– il PPE, Partito Popolare Europeo,

– lo S&D, Socialisti e Democratici, i cui rappresentanti italiani più noti sono il presidente del Parlamento europeo David Sassoli e l’ex-ministro italiano dell’Agricoltura Paolo De Castro, che si è già speso a favore dei nuovi OGM,

– Renew Europe, cui aderisce la ‘Italia Viva’ di Matteo Renzi.

‘Il Parlamento europeo rischia di fermare il processo del Green Deal europeo ed i suoi obiettivi contenuti nelle recenti Strategie approvate pochi mesi fa, quelle sulla Biodiversità 2030 e la Farm to fork, denuncia la Coalizione ‘Cambiamo Agricoltura’. La quale riunisce diverse associazioni ambientaliste e dell’agricoltura biologica e biodinamica, come Associazione Medici per l’Ambiente, Legambiente, FAI, WWF, LIPU, Federbio,  AIAB, Associazione agricoltura biodinamica, Pronatura.

PAC post 2020, biodiversità ed emergenza climatica

Il compromesso tra i grandi gruppi politici, fomentato dai lobbisti di Big Ag, minaccia di compromettere la biodiversità già in crisi e aggravare l’emergenza climatica. Come già denunciato, tra gli altri, dalla Corte dei Conti europea nel suo rapporto speciale n. 13/20. In particolare:

È inaccettabile ‘non concedere spazio reale alla natura nelle aziende agricole invece di fissare l’obiettivo di almeno il 10% delle aree per la tutela della biodiversità, attraverso la creazione di stagni, siepi e piccole zone umide, come prevede la Strategia UE Biodiversità 2030.’ 

Secondo l’accordo adottato dai partiti, si continuerebbe a drenare le torbiere, una fonte massiccia di carbonio responsabile del 25% di tutte le emissioni di gas serra agricole dell’UE e il 5% di tutte le emissioni di gas serra in Europa. Si vorrebbe inoltre rimuovere il divieto di arare e convertire i prati permanenti nei siti Natura 2000, che sono aree protette ai sensi delle direttive comunitarie’.

Disuguaglianze

‘Queste proposte, unitamente ad altre gravissime, potrebbero già significare la fine dell’ambizioso Green Deal dell’UE, che ha disperatamente bisogno di una riforma radicale della PAC per avere successo.

Anche sotto il profilo dell’equità per le aziende votate al biologico e all’agroecologia questo accordo potrebbe essere devastante. Drenando le risorse verso pratiche che solo le grandi aziende potrebbero permettersi, in una sorta di greenwashing finanziato con fondi europei’ (Coalizione ‘Cambiamo agricoltura’, position paper sulla riforma della PAC).

IFOAM alza la voce

IFOAM Organics Europe – la delegazione europea di un organismo che dal 1972 rappresenta la filiera bio nei cinque continenti – alza la voce. Con un richiamo che il suo presidente Jan Plagge rivolge a ciascuno dei 705 rappresentanti di 446 milioni di cittadini in 27 Paesi (Eurostat, 2020).

‘Il movimento biologico sostiene pienamente gli obiettivi delle strategie Farm to Fork e Biodiversity per ridurre l’uso di pesticidi, fertilizzanti e antibiotici in agricoltura e raggiungere il 25% dei terreni agricoli dell’UE in agricoltura biologica entro il 2030. La PAC è una politica pubblica cruciale per raggiungere questi obiettivi.

Centinaia di migliaia di agricoltori biologici in tutta Europa stanno già aprendo la strada per rendere l’agricoltura più equa e sostenibile, per preservare il nostro suolo, l’acqua e la biodiversità e per rigenerare le aree rurali. Contano su di voi per garantire che la nuova PAC riconosca e sostenga adeguatamente i loro sforzi per rendere l’agricoltura europea più verde e per rivitalizzare le comunità’.

PAC post 2020, è ora di cambiare

I sussidi per la PAC oggi costano ai contribuenti europei circa 60 miliardi di euro, pari al 32% dell’intero bilancio UE.

I piccoli agricoltori ecologici vanno in bancarotta, stretti tra la liberalizzazione dei prezzi e le pratiche commerciali abusive, ancora in attesa della effettiva attuazione (e coerente applicazione) della direttiva UE 2019/633. I proprietari di grandi appezzamenti vocati all’agricoltura intensiva, viceversa, incassano la quota più ampia dei sussidi PAC. E vengono al contempo legittimati ad aggravare la perdita di biodiversità, l’inquinamento di suoli, acque e aria, l’eccessivo consumo di risorse.

Questo modello di sviluppo è ormai superato. Lo testimonia anche l’attenzione dei cittadini europei verso la sostenibilità ambientale dei consumi (il bio, in primis). E a dettare la svolta è ora proprio il Green Deal. Un programma criticato per alcune lacune, ma riconosciuto unanimemente come il primo audace passo della Commissione europea verso il cambiamento. Per esempio, dimezzando l’uso di pesticidi e antibiotici e riducendo del 20% i fertilizzanti entro il 2030 (tra 10 anni).

Chi asseconda Big Ag

Ostacolare gli obiettivi di transizione ecologica introdotti nelle strategie Farm to Fork e Biodiversità è ‘il motivo per cui le grandi lobby dell’agricoltura e dell’industria vogliono far passare l’attuale testo della PAC – elaborato dalla precedente Commissione Juncker [nel 2018, ndr] – che non è in linea con il Green Deal‘, commenta Corporate Europe Observatory (CEO) in un utile approfondimento sulla Politica Agricola Comune.

I sostenitori dello status quo sono vari. Il gruppo di pressione Copa-Cogeca, i monopolisti dei pesticidi (Big 4) e i giganti dell’agricoltura industriale (Big Ag). Ma anche i ministri dell’Agricoltura degli Stati membri, i funzionari della DG Agricoltura e purtroppo anche la maggioranza dei membri della Commissione per l’Agricoltura del Parlamento europeo, che con tali gruppi di pressione collabora da tempo.

I paradossi di Copa-Cogeca

La coppia Copa-Cogeca merita un approfondimento. Il COPA dal 1958 rappresenta gli agricoltori. Ne è vicepresidente Roberto Moncalvo, ex-presidente di Coldiretti, prima confederazione agricola in UE. La COGECA dal 1959 cura gli interessi delle cooperative agricole (vicepresidente Leonardo Pofferi, responsabile delle politiche europee di Alleanza delle Cooperative Italiane).

I paradossi di Copa-Cogeca sono almeno due:

  • le confederazioni agricole ambiscono a garantire il reddito agli agricoltori (oltre agli stipendi milionari dei loro presidenti e alti dirigenti). Mentre le cooperative perseguono altresì gli interessi, in (potenziale) conflitto, degli acquirenti dei prodotti agricoli,
  • la ‘confederazione delle confederazioni’ sostiene apertamente e da sempre il rinnovo di autorizzazione del glifosato, mentre il suo primo membro Coldiretti (a parole, in Italia) mantiene le distanze.

Nero fumo

‘A Bruxelles, il Copa-Cogeca – un gruppo di lobbying ibrido composto da sindacati e aziende – spesso si schiera con i giganti dei pesticidi come BASF, Bayer-Monsanto e Syngenta e con multinazionali alimentari come Mondelez, Nestlé e Unilever’ (Corporate Europe Observatory, CEO).

Le attività dei lobbisti sarebbero costate a Copa-Cogeca, nel solo 2018, circa 2,5 milioni di euro (fonte CEO). Hanno relazioni privilegiate con le istituzioni e i leader europei che li hanno storicamente trattati ‘non come semplici destinatari di denaro governativo, ma come partner nel processo decisionale‘ (New York Times, 11.12.19).

Dario Dongo e Marta Strinati 

Marta Strinati

Giornalista professionista dal gennaio 1995, ha lavorato per quotidiani (Il Messaggero, Paese Sera, La Stampa) e periodici (NumeroUno, Il Salvagente). Autrice di inchieste giornalistiche sul food, ha pubblicato il volume "Leggere le etichette per sapere cosa mangiamo".

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