L’utilizzo del NutriScore sulla app Yuka non può venire censurato e l’istruttoria di Antitrust in Italia si conclude con un accordo sulle clausole d’informazione. (1)
Si chiude così il tentativo di aggressione, in questo caso da parte di Confagricoltura e Codici, nei confronti dell’applicazione francese che consente ai consumatori di cogliere in un istante – grazie alla scansione dei codici a barre con uno smartphone – il profilo nutrizionale e la presenza di additivi problematici nei vari prodotti alimentari e cosmetici.
Il processo Antitrust al NutriScore investe Yuka
Il 5.11.21 l’Antitrust ha annunciato con squillo di trombe la propria istruttoria nei confronti di alcuni operatori che utilizzano in Italia il sistema di etichettatura nutrizionale NutriScore, oltreché nei confronti della app Yuka. (2) Accogliendo così, di fatto, i teoremi accusatori delle varie lobby italiane che si oppongono alla sua possibile introduzione obbligatoria in UE, entro fine 2022, per informare i consumatori sui profili nutrizionali degli alimenti. (3)
Le questioni opposte nel ricorso contro Yuka dalla associazione sindacale degli agricoltori (!) Confagricoltura alludevano così al rischio di ingannare i consumatori.
‘Il procedimento concerne
– la valutazione attribuita dall’app Yuka alle caratteristiche nutrizionali e salutistiche dei prodotti presenti nel proprio database,
– la comunicazione dei fondamenti scientifici e dell’affidabilità di tale valutazione,
– le modalità di selezione e presentazione delle alternative di consumo proposte per i prodotti con giudizi negativi,
– i diritti garantiti da Yuca ai consumatori in caso di controversie’, sintetizza l’Antitrust.
Le 8 azioni correttive di Yuka
I giovani francesi che gestiscono la app Yuka – con oltre 31 milioni di utenti in vari Paesi – sono pronti a rispondere agli attacchi delle lobby agroindustriali. In Francia, nel 2021 hanno subito la denuncia per diffamazione da parte dalla Federazione francese dei produttori di salumi, furiosa per le raccomandazioni diffuse dalla app di evitare i conservanti nitriti e nitrati (cancerogeni) aggiunti in gran parte delle carni lavorate. (4)
In Italia invece, una sigla sindacale agricola si è preoccupata di segnalare il rischio di ingannevolezza della app. Con argomenti ‘sanati’ mediante 8 azioni correttive che Yuka si è impegnata ad attuare in tempi brevissimi (10 giorni dalla pubblicazione dell’esito del procedimento).
1) Non è una app istituzionale o ‘certificata’
Per tranquillizzare i consumatori ‘creduloni’ rispetto all’idea che una app e il suo metodo ‘siano stati accettati e/o approvati da un organismo pubblico o privato’, il primo impegno prevede che il sito Yuka
– precisi: ’La metodologia di valutazione alimentare dei prodotti applicata da Yuka è indipendente. Si ispira a studi scientifici e, quanto alle caratteristiche nutrizionali, al metodo Nutri-Score, ma non è stata preventivamente approvata dalle autorità sanitarie, né si risolve in una mera applicazione del metodo Nutri-Score’;
– riferisca che il metodo di valutazione è calcolato sulla base di 100g o 100 ml di prodotto. Viene eliminato l’inciso sul metodo ‘basato sulle raccomandazioni del governo’. Come è infatti vero (almeno in parte, per quanto attiene al NutriScore) in Francia e altri Paesi, ma non anche in Italia,
– fornisca la traduzione in italiano delle informazioni sul Nutri-Score, attualmente presenti nella app in inglese e francese, e renda accessibili le fonti scientifiche più rilevanti a tale riguardo. Un’informazione che potrebbe avere un effetto boomerang per i nemici del NutriScore, il quale è infatti sostenuto da ampia letteratura scientifica.
2) Come vengono attribuiti i punteggi
Gli impegni 2, 3 e 4 sono tutti relativi a precisazioni sulla attribuzione del punteggio al singolo prodotto scansionato. In dettaglio:
– le informazioni al consumatore vengono integrate (nel sito web) con ‘l’elenco delle Relazioni e degli studi scientifici sulla cui base (Yuka) fonda le proprie valutazioni, corredato del link di collegamento al sito internet su cui sono pubblicati (ove esistente)’. Informazioni, osserviamo, già fornite dalla app. Viene inoltre richiesto di specificare il punteggio relativo agli additivi: rischio limitato (giallo): -6 punti, rischio moderato (arancione): -15 punti, a rischio (rosso): -30 punti (con un punteggio massimo di 49/100). Come se scoprire la presenza di BHT nell’alimento richiedesse al consumatore un approfondimento numerico,
– per ciascun prodotto scansionato, oltre al risultato di sintesi (già fornito), viene creata una pagina web che scompone il punteggio per ciascuno dei tre capitoli di esame. Equilibrio nutrizionale, additivi, etichetta biologica,
– per i prodotti biologici viene rimosso il riferimento ad AB (Agricolture Biologique), lasciando soltanto quello al logo bio dell’Unione europea. Richiesta corretta. Inoltre, la app deve includere ‘i link agli studi di enti regolatori internazionali e nazionali e agli articoli scientifici più importanti in merito ai benefici per i consumatori derivanti dalla consumazione di prodotti biologici’. E qui le richieste dell’Antitrust sembrano sconfinare dal seminato. Ma tornano utili ai consumatori per godere di una ulteriore fonte di informazione qualificata su un tema troppo spesso trattato con sufficienza.
‘Yuka non garantisce una salute migliore’
L’impegno n. 5 sfiora il ridicolo. L’utente che scarica la app sul telefono deve venire avvertito che Yuka ‘non garantisce una salute migliore a chi la utilizza’. Con un passaggio tradisce l’imposizione delle tesi care a Big Food, il cibo spazzatura danneggia chi ne consuma troppo senza fare esercizio fisico. Yuka deve infatti ricordare ai consumatori che lo stato di salute dipende anche dal ‘quantitativo di prodotto consumato e alla frequenza con la quale esso viene consumato’.
E ancora, la app deve ripetere all’infinito che i punteggi sono ‘una mera opinione dell’Editore basata sulle informazioni riportate sul prodotto’. E che il metodo ‘pur ispirandosi al metodo Nutri-Score e a studi scientifici, non è stato preventivamente approvato dalle autorità sanitarie’. Come se le centinaia di siti web e social network, o gli influencer, si preoccupassero della fondatezza scientifica dei loro ‘consigli’.
Circa gli additivi alimentari, che da sempre vengono corredati da link a fonti scientifiche, deve venire precisato che i giudizi (a rischio ecc) ‘esprimono unicamente l’opinione di Yuka sull’additivo associato. Questi aggettivi non si riferiscono al prodotto in sé, né alle sue qualità intrinseche. La valutazione non esprime un giudizio assoluto sulle proprietà salutistiche del prodotto’.
Per ribadire il concetto, Yuka è tenuta a precisare che ‘Il punteggio deve quindi essere considerato alla luce dello stile di vita seguito dal consumatore, delle sue caratteristiche fisiche e dei suoi specifici bisogni alimentari, nonché del quantitativo e della frequenza di consumo. Yuka non intende vietare, né promuovere i prodotti, ma rendere gli utenti maggiormente consapevoli della loro composizione’.
La selezione delle alternative ai prodotti bocciati
Gli utenti di Yuka sanno che quando un prodotto è giudicato negativamente, la app fornisce una rosa di alternative migliori. Ora deve venire anche specificato l’ovvio, vale a dire che il criterio di selezione di tali alternative è basato su medesima categoria di prodotto (biscotti con biscotti), disponibilità a scaffale, giudizio migliore.
Un paracadute ai prodotti da riformulare, impone un’ulteriore, ripetitiva avvertenza: ‘La selezione dei prodotti è imparziale e la raccomandazione di Yuka è volta, non a vietare i prodotti con un punteggio mediocre (disco arancione) o scarso (disco rosso), ma ad acquisire consapevolezza dell’esistenza di prodotti alternativi che, sulla base del solo metodo di valutazione di Yuka, hanno ottenuto un punteggio superiore’. Come se mai una app potesse ‘vietare’ le libere scelte dei consumatori.
Il Foro competente
Altro svarione di Yuka (oltre al bio francese) riguarda il Foro competente in caso di controversie. La app prevedeva che fosse quello di Parigi, mentre ora – impegno n. 7 – dovrà specificare che è quello di residenza dell’utente, come è normale che sia (reg. (UE) n. 1215/2012).
In una pagina web, infine, Yuka deve spiegare il funzionamento del NutriScore, con fonti scientifiche tradotte in italiano. Specificando che
– è concesso un bonus a frutta e verdura per integrare in particolare gli apporti di vitamine,
– l’olio di oliva, di colza e di noce integrano questo bonus per favorire i loro apporti di Omega 3 e 9 – il calcolo è adattato per il latte e il formaggio, in modo da favorire gli apporti di calcio da essi offerti (come previsto anche da Health Canada).
Parmigiano reggiano e altri formaggi vessillo
Per meglio rimarcare che i deliziosi formaggi (i DOP italiani, in primis), nonostante il calcio, apportano anche livelli importanti di grassi saturi e sale, Yuka deve consolare i buongustai e precisare che ‘L’idea non è quella di evitare, a monte, questi prodotti, ma di prendere coscienza della loro composizione, così che il consumatore possa consapevolmente decidere circa la quantità del prodotto da consumare’.
Pietra tombale, a chiusura dell’impegno n. 8: Yuka deve provvedere a ‘la sostituzione, in tutte le pagine e sezioni della app e del sito web, delle espressioni “elementi negativi” ed “elementi positivi” con le espressioni “elementi da limitare” ed “elementi da favorire”’.
Sarebbe utile se tanta premura venisse riservata anche in direzione opposta. Yuka racconta troppo. L’ecommerce italiano troppo poco, come da noi denunciato piu volte – senza riscontri – alla stessa Antitrust.
Note
(1) AGCM, Bollettino settimanale Anno XXXII – n. 28, pagina 217. PS12184 – YUKA Provvedimento n. 30237 https://www.agcm.it/dotcmsdoc/bollettini/2022/28-22.pdf
(2) Dario Dongo. Nutriscore e Yuka, l’Antitrust si butta nella mischia. GIFT (Great Italian Food Trade), 24.11.21
(3) Dario Dongo. NutrInform Battery, l’etichetta a batteria. Una vergogna italiana. GIFT (Great Italian Food Trade), 10.11.20,
(4) Marta Strinati, Dario Dongo. La app Yuka condannata a Parigi per le battaglie contro nitriti e nitrati. GIFT (Great Italian Food Trade), 10.6.21
Giornalista professionista dal gennaio 1995, ha lavorato per quotidiani (Il Messaggero, Paese Sera, La Stampa) e periodici (NumeroUno, Il Salvagente). Autrice di inchieste giornalistiche sul food, ha pubblicato il volume "Leggere le etichette per sapere cosa mangiamo".