Lo stato d’animo degli italiani e i loro consumi alimentari vengono analizzati, come di consueto, dal ‘Rapporto Coop 2023 – Consumi e stili di vita degli italiani di oggi e di domani’. (1) La ricerca rileva l’impatto della permacrisi sulla popolazione, minacciata da più parti. E derubata del potere d’acquisto da inflazione e speculazione.
Vittime della permacrisi
Guerra e cambiamenti geopolitici, climate change e migrazioni. E ancora, intelligenza artificiale e mercato del lavoro, naturalmente inflazione e possibile crisi economica. Sono questi gli ingredienti dell’inquietudine degli italiani, ancora storditi dalla pandemia e già vessati da timori per il presente e il futuro prossimo.
L’umore è mesto e rassegnato. Tra gli intervistati non emerge un sentimento di rabbia, non ancora, almeno. Ma se ne colgono gli effetti, molto concreti, sulle ristrettezze che molti stanno subendo. Anche chi lavora fatica a fronteggiare le spese ordinarie: il 35% delle persone a basso reddito si dichiara incapace di affrontare nei prossimi 12-18 mesi una spesa imprevista di 800 euro.
L’impatto sui consumi alimentari
La rinuncia costringe a tagliare innanzitutto le spese più cospicue o voluttuarie. Si rinvia il cambio di automobile, casa, elettrodomestici. Si taglia su viaggi e cultura, spettacoli e concerti in primis, su scarpe e vestiti. Ma si riduce anche la spesa per i consumi alimentari.
L’aspetto più preoccupante è l’impatto del risparmio sulla qualità della dieta. I consumi di frutta e verdura, alimenti basilari della tradizione alimentare italiana, sono diminuiti del -15,2% negli ultimi due anni e per il 16% degli italiani si ridurranno ancora.
Il prezzo dell’inflazione
Oramai 1 italiano su 5, soprattutto baby boomers e appartenenti alla lower class, dichiara di aver perso ogni riferimento identitario abbandonando anche i dettami della cultura tradizionale, delle tipicità e del territorio.
Con un’inflazione che ha rincarato di oltre il 21% il costo dei beni alimentari e che non promette di arrestarsi prima dei prossimi due anni (il 72% dei manager del settore ritiene che l’inflazione alimentare non tornerà sotto il 2% prima del 2025), gli italiani comprano meno cibo: -3% la variazione delle vendite a prezzi costanti nei primi 7 mesi dell’anno e in previsione 2024 su 2023 il 60% dei manager intervistati si aspetta un risultato in ulteriore seppur modesto calo (-0,5%).
Le nuove tendenze a tavola
Parallelamente, in fasce minoritarie della popolazione, avanzano stili di consumo ‘innovativi’ o comunque meno basilari, come già evidenziato dal rapporto Immagino: (2)
– il plant-based food, le cui vendite fanno registrare un +9% anno su anno,
– i prodotti sugar free (che battono tutti i free from). In prospettiva il 15% degli intervistati nei prossimi 12/18 mesi farà uso di prodotti senza o con poco zucchero.
– le proteine e l’healthy food (alimentazione sportiva, frutta secca, bevande salutistiche),
– gli alimenti definiti ‘sostenibili’. Già oggi, 5,1 milioni di italiani dichiarano di alimentarsi a spreco zero, 2,8 si definiscono reducetariani e 1,4 sono i cosiddetti climatariani (ovvero coloro che usano prodotti a basso impatto C02).
A farne le spese è soprattutto la carne, secondo il campione intervistato:
– il 39% dichiara di essere disposto a ridurne il consumo (tra questi raramente compaiono i consumatori ‘di destra’, come abbiamo visto), (3)
– nei prossimi 10 anni, nella top 5 dei nuovi cibi, figurano i prodotti a base vegetale con il sapore di carne (31%) e la carne sintetica prodotta in laboratorio (28%).
Discount e private labels come ancora di salvezza
Gli italiani – pur attratti dagli alimenti innovativi – sono disposti a rinunciare ai prodotti non strettamente necessari e anche a quelli a maggiore contenuto di servizio. Impegnati nel ridurre gli sprechi e nella ricerca di prezzi più abbordabili.
La spesa diventa più frequente e si sposta sul canale e le scelte d’acquisto più convenienti. I discount e i prodotti a private label vengono scelti da 8 italiani su 10 come riparo dall’inflazione, che si avverte soprattutto sui brand industriali.
Squilibrio di filiera
L’eccezionale crescita dei prezzi degli ultimi due anni ha cambiato in profondità anche gli assetti della filiera alimentare.
Nel 2022 l’incremento dei prezzi delle materie prime e l’impennata dei costi energetici hanno fatto esplodere i prezzi alla produzione, mentre le difficoltà della domanda finale hanno obbligato i retailer a contenere l’impatto finale sui prezzi al consumo. Con ricadute pesanti sui bilanci di entrambi gli operatori della filiera.
L’analisi annuale di Mediobanca evidenzia come nel 2022, per entrambi gli attori della filiera, si sia verificata una significativa diminuzione del valore aggiunto e, a cascata, della marginalità operativa.
Un impatto negativo che non cambia però il differenziale positivo delle performance a favore degli operatori industriali. In sostanza, le imprese dell’industria alimentare – e segnatamente quelle di maggiori dimensioni – evidenziano una redditività strutturalmente superiore a quella della grande distribuzione alimentare. E anche nel difficile frangente del 2022 la redditività dei mezzi propri dell’industria fa segnare una diminuzione meno pronunciata di quella della distribuzione.
Speculazione dell’industria alimentare
Nel 2023 invece, pur a fronte di un rapido rientro sui valori storici dei costi delle commodities alimentari e di un altrettanto noto rientro dei costi energetici, non si è manifestata alcuna significativa riduzione dei listini dell’industria alimentare. Anzi, si è assistito ad ulteriori aumenti dei listini, addirittura superiori a quelli del 2022 e nello stesso periodo l’ulteriore logoramento del potere d’acquisto delle famiglie ha nuovamente impedito invece agli operatori della distribuzione di poter riversare al consumo l’intero incremento.
In questo modo, la comparazione tra l’andamento dei prezzi industriali e quelli al consumo continua ad evidenziare un differenziale negativo che non ha eguali negli ultimi decenni.
In sostanza, per la distribuzione i prezzi all’acquisto restano strutturalmente superiori a quelli praticati alla vendita. Anche nei prossimi anni divergeranno le strategie di industria e distribuzione. I retailer si concentreranno sulla marca privata per avere un governo delle filiere produttive e dei prezzi alla vendita, mentre la grande industria al momento sembra più orientata a difendere i margini concentrandosi sull’innovazione di prodotto e la difesa dell’equity del proprio marchio.
Maura Latini: noi tuteliamo il potere d’acquisto delle famiglie
‘Il primo giro di vite sui consumi già partito prima dell’estate sembra ulteriormente inasprirsi e si ripercuote sui volumi delle vendite. Fare il mestiere che è proprio di un insieme di cooperative di consumatori ovvero tutelare il potere d’acquisto delle famiglie, coniugare prezzi e qualità dell’offerta è sempre più difficile, ma è per noi la sfida da vincere’, dice Maura Latini, Presidente Coop Italia.
La virata sulla valorizzazione della MDD, annunciata due anni fa, (4) porta buoni frutti.
‘Con 74 categorie revisionate su 114 (quasi il 70% dell’obiettivo dato) possiamo iniziare a tirare le fila e a enunciare i primi dati positivi. Questa strategia infatti aveva già iniziato a dare buoni risultati nel 2022 e in questa prima parte del 2023 con un aumento complessivo della quota MDD all’interno di Coop facendo diventare in tanti casi il nostro prodotto a marchio leader di categoria.
Il forte aumento della quota a valore e a quantità del prodotto Coop (nei primi 8 mesi del 2023 30% a valore (+5% agosto 2023 su agosto 2021) e 34% a volume (+4,0), ha generato così il contenimento del costo del carrello della spesa’.
Parafulmini dell’industria di marca?
In questo contesto, sottolinea Maura Latini, ‘non si è ancora avviato il tavolo negoziale con l’industria di marca per l’anno 2024, del quale al momento non abbiamo ricevuto segnali. Approfitto di questa occasione per invitare tutti a assumersi le proprie responsabilità e avere un atteggiamento propositivo e improntato alla moderazione nelle richieste.
I dati presenti nel Rapporto confermano i rischi che anche l’industria di marca sta correndo con un segno costantemente negativo sulle vendite oramai da tempo. Per come la vedo io, c’è la necessità di un confronto serio e costruttivo proprio per dare una risposta a larga parte della popolazione italiana in difficoltà. Ritengo possa essere un solido obiettivo comune lavorare per recuperare volumi di vendita che al momento i clienti stanno dirottando sui discount.
Come Coop negli ultimi 18 mesi abbiamo trattenuto una parte importante dell’aumento dei listini industriali senza riversarli sui consumatori, ma i bilanci delle nostre cooperative ormai limitano la possibilità di impegni ulteriori se non nell’ambito di una fattiva collaborazione fra le parti, che peraltro anche le istituzioni stanno chiedendo’.
Marco Pedroni, servono più soldi in busta paga
‘Il quadro è davvero poco ottimistico’, dice Marco Pedroni, Presidente Ancc-Coop (Associazione Nazionale Cooperative di Consumatori-Coop).
‘Al governo chiediamo azioni molto concrete, non per noi ma per gli italiani: in primis di mettere più soldi nelle tasche dei lavoratori attraverso il taglio del cuneo fiscale e con la detassazione degli aumenti salariali, poi di aiutare la parte più debole del Paese non solo attraverso la social card per gli indigenti ma anche attraverso il sostegno all’introduzione del salario minimo.
Con un’inflazione che erode più del 15% del potere di acquisto la metà delle famiglie è in difficoltà, la domanda interna è destinata a ridursi ed i risparmi non potranno a lungo sostenere un livello significativo dei consumi’.
Note
(1) Rapporto Coop 2023 – Consumi e stili di vita degli italiani di oggi e di domani https://italiani.coop/rapporto-coop-2023-anteprima-digitale-2/
(2) Marta Strinati. Consumi stressati dal caro-prezzi. XIII Rapporto Immagino. GIFT (Great Italian Food Trade). 17.7.22
(3) Marta Strinati. Sostituti vegetali della carne, i riferimenti all’ambiente possono frenare le vendite. Studio britannico. GIFT (Great Italian Food Trade). 18.8.23
(4) Marta Strinati. Via alla rivoluzione dei prodotti a marchio Coop. GIFT (Great Italian Food Trade). 15.5.22
Giornalista professionista dal gennaio 1995, ha lavorato per quotidiani (Il Messaggero, Paese Sera, La Stampa) e periodici (NumeroUno, Il Salvagente). Autrice di inchieste giornalistiche sul food, ha pubblicato il volume "Leggere le etichette per sapere cosa mangiamo".