Le frodi nel miele continuano a inquinare il mercato europeo. L’associazione francese dei consumatori Que Choisir ne ha analizzati 40 vasetti in vendita nei supermercati, smascherando 18 violazioni delle regole.
Frodi nel miele, l’aggiunta di zucchero
La c.d. ‘direttiva miele’, in linea con il Codex Alimentarius, prescrive che l’alimento sia puro. (1) Cioè privo di alcuna sostanza estranea alla sua naturale composizione.
Le sofisticazioni – mediante aggiunta di zucchero, sciroppi di mais, melasse di barbabietola – sono del resto le frodi più diffuse, come si è già annotato.
1 miele su 6 contaminato con zucchero
Il test francese conferma l’attualità delle sofisticazioni o contaminazioni dì miele con zucchero, che è stato infatti rilevato in 7 dei 40 campioni esaminati. Vale a dire il 17,5% dei prodotti, 1 su 6. I controlli pubblici veterinari in Francia confermano così una carenza strutturale che la stessa associazione Que Choisir aveva già denunciato, con riguardo alla (scarsissima) tracciabilità delle carni.
La presenza di tracce di zucchero nel miele potrebbe peraltro avere un’altra possibile causa, che le analisi non riescono a discernere. Oltre alla sofisticazione – cioè inserimento e miscela di sciroppo di zuccheri nel miele, per aumentare la quantità riducendo i costi – potrebbe occorrere una contaminazione da sciroppo impiegato per nutrire le api in caso di scarsa fioritura. Anche in questo caso, peraltro, la contaminazione non è ammessa ed è sintomo di scarsa attenzione alle buone prassi igieniche.
Gli zuccherati
I 7 campioni di miele ‘positivi’ allo ‘zuccheraggio’ (per richiamare un’altra pratica, legalmente diffusa in Francia per produrre vino) provengono da
– Cina (2 campioni sui 3 cinesi),
– Francia (2 su 17),
– Italia (1), il miele bio a marchio l’Abeille diligente,
– America Latina (1),
– Australia (1). Quest’ultimo è un costosissimo miele di Manuka, venduto a 146 euro al chilo per i suoi presunti benefici per la salute.
Due produttori dei mieli risultati contaminati da zucchero contestano le analisi di Que Choisir. Aldi afferma che le analisi del ‘suo’ Simplement bon et bio’ non rilevano zuccheri estranei. Stessa tesi per Apidis, che del suo miele ‘L’Abeille diligente’ ha inviato risultati analitici di segno contrario a quelli dei consumatori francesi.
Solo due apicoltori francesi che praticano la vendita diretta ammettono la possibilità di una presenza accidentale di zucchero, legata all’alimentazione delle api con lo sciroppo.
Frodi nel miele, l’origine non torna
L’etichettatura menzognera dell’origine del miele è un’altra frode molto praticata. I consumatori francesi citano i casi scoperti in passato dai controlli pubblici ufficiali: una frode per migliaia di tonnellate di miele spagnolo e cinese ‘trasformato’ in francese. E ancora, un apicoltore che ha etichettato come francese un miele di lavanda raccolto in Spagna e acquistato in Belgio.
A eccezione di un millefiori etichettato come rumeno ma di origine incerta (forse ucraina), l’analisi dei 40 mieli non ha rilevato anomalie nella provenienza dichiarata. Anomalo è piuttosto non riferire l’origine, come capita su 9 dei 40 barattoli di miele venduti nei supermercati francesi e qui analizzati. Per una volta, la Francia è un passo indietro all’Italia nella tutela del consumatore. L’indicazione obbligatoria dell’origine del miele è infatti garantita in Italia dal d.lgs. 179/04, articolo 2.4.a. Oltralpe, invece, la legge che la prescrive è stata approvata nel giugno 2020 ma è ancora priva del decreto di attuazione.
Mille e un fiore, le altre frodi nel miele
Altro inganno sul miele riguarda l’origine botanica. Secondo il test francese, il fenomeno riguarda probabilmente due campioni dei 40 esaminati:
– un prodotto francese commercializzato online, già annotato per l’aggiunta di sciroppo, che si pubblicizza come miele di acacia senza averne le caratteristiche,
– un miele bio raccolto in Ungheria e presentato come di acacia ma con le caratteristiche di un meno pregiato miele millefiori.
Quando manca la freschezza
Per garantire la qualità organolettica del miele, la direttiva europea prescrive il rispetto di alcuni parametri di freschezza (livelli minimi di attività enzimatica, in particolare), che attestano il buono stato di conservazione del prodotto. Il 20% dei vasetti dei analizzati (8 su 40) non ha però soddisfatto questi requisiti.
Le analisi bocciano 4 dei 6 costosi mieli di manuka e altri 4 campioni importati da Cina, Europa orientale e dal Sud America.
Tra i distributori dei mieli bocciati, Aldi contesta le analisi del ‘Simplement bon et bio’, Comptoirs & Compagnies ha inviato i risultati dei suoi test, ove si mostra che i livelli sarebbero in linea (anche se al limite). Carrefour ha verificato con ulteriori analisi la scarsa qualità del miele millefiori rumeno e l’ha ritirato dalla vendita.
Marta Strinati
Note
(1) Direttiva 2001/110/CE, concernente il miele, e successive modifiche. Testo aggiornato al 23.6.14 su https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?qid=1635407122853&uri=CELEX%3A32001L0110
Giornalista professionista dal gennaio 1995, ha lavorato per quotidiani (Il Messaggero, Paese Sera, La Stampa) e periodici (NumeroUno, Il Salvagente). Autrice di inchieste giornalistiche sul food, ha pubblicato il volume "Leggere le etichette per sapere cosa mangiamo".