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Filippo Antonio De Cecco, maxi-frode sull’origine del grano. La parola al GIP di Chieti

L’indagine su Filippo Antonio De Cecco, per frode in commercio sull’origine del grano utilizzato nella pasta, approda al giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Chieti. Venerdì 9.4.21, il GIP Luca De Ninis, chiamato a decidere sulla battaglia dell’associazione AssoConsum contro la richiesta di archiviazione formulata dal sostituto procuratore Giuseppe Falasca, ha rinviato la propria decisione. Dallo Spaghetti Western all’abruzzese a #VanghePulite?

Antefatto

Filippo Antonio De Cecco ha ordinato ai suoi gregari di falsificare l’origine di quasi 5 mila tonnellate di grano di bassa qualità, da francese a ‘pugliese’. (1) Ha fatto acquistare 30 mila tonnellate di grano North Dakota, di identità e valore ben inferiori rispetto alle origini ‘Italia, Arizona e California’ dichiarate in etichette e pubblicità. Ha acconsentito l’impiego di semole d’ignota origine, in barba alle pubblicità sulla ‘selezione dei migliori grani’ e il ‘metodo De Cecco’ per la loro molitura. (2)

Il pubblico ministero di Chieti Giuseppe Falasca prova però a chiudere l’inchiesta che rivela – sulla base dei documenti acquisiti – la più grande frode del secolo, nel settore agroalimentare, per valori e volumi delle merci contraffatte. Trascura le false dichiarazioni rese dal ‘cavaliere nero’ all’Antitrust e il reato associativo che pure uno studente al secondo anno di giurisprudenza coglierebbe a colpo d’occhio, tra ripetute frodi, false dichiarazioni contabili. A cui si aggiungono le minacce gravi subite dal whistleblower a opera di ignoti. (2) Ma un’associazione dei consumatori si oppone.

Il giudice per le indagini preliminari Luca De Ninis è ora chiamato a pronunciarsi sulla vicenda, il 9.4.21. Grazie all’avvocata napoletana Miriam Chianese di AssoConsum, che ha presentato opposizione contro il maldestro tentativo di insabbiare il caso. Nessuno invece si è ancora occupato delle relazioni ‘sospette’, un eufemismo, tra Filippo Antonio De Cecco e Giovanni Legnini. L’ex vicepresidente del CSM che nelle conversazioni intercettate con Luca Palamara dichiarava di ‘essere riuscito’ a mettere uomini di sua fiducia ai vertici del Tribunale e della Procura. (3)

A seguire alcuni dettagli di una vicenda emblematica, tra l’altro, dei mali della giustizia italiana.

De Cecco, la miglior difesa è la pubblica accusa

La richiesta di archiviazione 30.11.2020 riconosce che ‘risulta dalle indagini svolte dai Carabinieri del NAS che le 4.575 di grano francese furono impiegate per la produzione della partita di pasta (…) oggetto delle indagini’. Risulta molto altro – come già dimostrato (1,2) – senza che il rappresentante della pubblica accusa vi faccia cenno. Ma il p.m. Giuseppe Falasca va oltre, con l’ardito teorema che segue.

‘Ebbene, se nella parte relativa alla réclame del prodotto si legge che la pasta contenuta nella confezione è prodotta con “i migliori grani duri; selezioniamo i migliori grani duri italiani, californiani e dell’Arizona per qualità di glutine, salubrità, contenuto proteico, caratteristiche organolettiche.…”. Viceversa nella comunicazione doverosa per legge, relativa alla provenienza del prodotto si legge: “pasta di semola di grano duro può contenere soia – paese di provenienza del grano: paesi UE e non Ue – paese di molitura: Italia”.

A questo punto s’impongono due osservazioni: in primo luogo l’impiego di grano francese è ricompreso nell’impiego dei grani UE attestata sulle confezioni di pasta. In secondo luogo, la scritta pubblicitaria sulle confezioni non è affatto in contrasto la doverosa indicazione di provenienza del grano. Infatti, la provenienza dei grani da paesi UE e non UE è perfettamente coerente con l’impiego reclamizzato anche dei migliori grani italiani californiani e dell’Arizona. In definitiva (…) la comunicazione veicolata dalla confezione di pasta è perfettamente coerente con i grani utilizzati per la produzione dell’alimento.’

Frode in commercio, depenalizzazione?

La falsa dichiarazione di origine del grano del grano – che sul fronte dell’etichetta viene riferita con enfasi grafica a Italia, Arizona e California, rivendicata anche in martellante pubblicità televisiva e sul web – sarebbe dunque scriminata dall’indicazione sul retro ‘origine grano UE – non UE’, cioè ‘Origine Pianeta Terra’, secondo il p.m. Giuseppe Falasca. Il quale evidentemente ignora il regolamento (UE) n. 1169/11, nella parte in cui si prescrive che le informazioni facoltative in etichetta – al pari di quelle obbligatorie – devono essere veritiere, chiare per il consumatore medio e non ambigue. Con espresso divieto di indurre in errore il consumatore sulle caratteristiche essenziali dei prodotti alimentari, ivi comprese origine e provenienza. (4)

Il teorema difensivo formulato (paradossalmente) dal sostituto procuratore di Chieti, ove mai trovasse riscontro, condurrebbe alla depenalizzazione del delitto di frode in commercio in tutti i casi in cui una falsa dichiarazione di origine o provenienza venisse accompagnata da un ‘disclaimer’ sul retro etichetta. Con buona pace della giurisprudenza italiana ed europea in tema di frodi alimentari, pratiche commerciali sleali e indicazioni di origine e provenienza. Nonché in barba al regolamento (UE) n. 2018/775, già in vigore all’epoca dei fatti, che prescrive di specificare la diversa origine o provenienza delle materie prime nello stesso campo visivo e con pari visibilità rispetto a qualsivoglia riferimento geografico discordante. (5)

1,2 milioni di euro di disvalore, ‘una parte residua e trascurabile’?

‘La condotta ascritta agli indagati appare ancor più destituita di rilevanza penale se il fatto è osservato sotto il profilo sostanziale. Residuerebbero – invero – elementi spendibili in chiave accusatoria laddove i decantati migliori grani italiani, californiani e dell’Arizona indicati nella pubblicità del prodotto costituissero una parte residua e trascurabile dei fattori impiegati per la produzione della pasta: ovvero se il prodotto finale fosse costituito per la sua maggior parte dal grano francese’ (Giuseppe Falasca, richiesta di archiviazione procedimento penale a carico di Filippo Antonio De Cecco, 30.11.20).

La falsificazione del Made in Italy non avrebbe ‘rilevanza penale’ poiché si tratterebbe di ‘una parte residua e trascurabile’ rispetto ai consumi complessivi di frumento di una grande industria? Si tratta ‘soltanto’ di 5 mila tonnellate di grano francese (per 1,4 milioni di euro), a cui si aggiungono 30 mila di grano North Dakota (per 8,6 milioni di euro), il quale a sua volta non ha nulla a che vedere con Arizona e California. Filippo Antonio De Cecco, con queste non affatto residue né trascurabili operazioni, ha risparmiato oltre 1,2 milioni di euro sui costi delle materie prime. A cui si aggiunge la frode nell’indicare il grano di California che non è mai stato utilizzato negli ultimi anni, come dimostra il fatto che di esso non esiste neppure la codifica nel software di gestione del magazzino De Cecco.

L’interesse dei consumatori italiani a conoscere l’origine e provenienza delle materie prime dei prodotti alimentari è in crescita costante, come dimostra ogni rapporto sui consumi in Italia (6,7). Lo stesso governo italiano – nel riconoscere tale interesse come essenziale, sulla base di apposita analisi di mercato condotta dal CREA (Consiglio per la Ricerca in Agricoltura e l’analisi dell’economia agraria) – ha notificato alla Commissione europea e introdotto l’obbligo di indicare in etichetta la provenienza del grano utilizzato per produrre la pasta Made in Italy. (8) Ed è proprio in virtù della preferenza dei consumatori verso la pasta realizzata con frumento italiano che De Cecco ha inserito lo stesso al primo posto l’Italia, nel decantare le tre origini (spesso false, come si è visto) dei grani utilizzati.

Filippo Antonio De Cecco, il bidone all’Antitrust

Le email tra dirigenti e funzionari De Cecco, acquisite nel procedimento penale in oggetto, dimostrano altresì come Filippo Antonio De Cecco abbia tirato un vero e proprio bidone anche all’Antitrust (Autorità Garante per la Concorrenza e il Mercato, AGCM). Dichiarava di utilizzare i soli ‘migliori grani duri italiani, californiani e dell’Arizona’ e negoziava corrispondenti modifiche da apportare sulle etichette, per ottenere la chiusura dell’istruttoria nei suoi confronti. (9) Ma al tempo stesso continuava a utilizzare frumento del North Dakota (20% nella miscela) e negoziava nuove forniture da Francia e Spagna. Gli impegni proposti dal cavaliere nero all’Antitrust il 28.10.10 e sottoscritti 20.12.19 sono dunque basati su false dichiarazioni. Alcuni spunti:

– il 24.9.19 Mario Aruffo, il direttore acquisti di De Cecco, chiedeva all’assistente alla direzione logistica Paolo D’Innocenzo il costo del nolo del cargo, dal porto di Les Sable d’Olonne (Francia) a quello di Ortona, per proseguire la trattativa da 4-5.000 tonnellate di grano francese,

– il 26.9.19 Aruffo aggiornava il presidente Filippo Antonio De Cecco sull’andamento della trattativa per il grano francese, con consegna prevista a gennaio 2020, allegando i risultati delle analisi tra loro già discusse, per chiedere se proseguire la trattativa. Aruffo comunicava che il grano francese con il 14% di proteine sarebbe costato 292 euro/t (con arrivo a Fara San Martino), mentre il grano pugliese con il 14% di proteine costava 297 euro/t, ‘con incertezze per le quotazioni a gennaio prossimo’,

– il 2.10.19 il direttore acquisti aggiornava il presidente sulla trattativa del grano francese. Il prezzo era salito a 309 euro/t, spiegava Aruffo che perciò attendeva anche le quotazioni del grano spagnolo,

– il 17.10.19 Stefano D’Alessio trasmetteva ad Aruffo il contratto, debitamente firmato da Filippo Antonio De Cecco, con il venditore francese Cavac e il broker GTrade System Suisse SA,

– il 30.1.20 Aruffo comunicava al presidente che il grano North Dakota sarebbe stato sufficiente solo fino alla fine della settimana successiva e la nave di grano francese era in ritardo per il cattivo meteo. Proponeva perciò di variare la miscela di grani con proteine >15%. Passando da quella allora in uso (70% Arizona, 20% North Dakota e 10% nazionale) a una soluzione transitoria (80% Arizona, 20% nazionale), in attesa di rivalutazione di una nuova miscela all’arrivo del grano francese e successive analisi. Filippo Antonio De Cecco, attraverso la segretaria di presidenza Luisa Kaush, dava il benestare,

– il 10.2.20 il direttore acquisti comunicava in nome del presidente Filippo Antonio De Cecco che il grano francese in arrivo a Ortona il 13.2.20 doveva venire registrato come se fosse pugliese.

Oltre alla beffa all’Antitrust, il danno ai consumatori. Etichette false

‘In data 28 ottobre 2019, De Cecco ha presentato una proposta di impegni che nella loro versione definitiva sono allegati al presente provvedimento e ne costituiscono parte integrante. Essi hanno ad oggetto le seguenti misure:

i) nella nuova confezione di pasta risulteranno eliminate, dalla parte frontale, le diciture “Metodo De Cecco”, “ricetta da oltre 130 anni” e “Made in Italy”, nonché la bandierina italiana tricolore e sarà inserita, sempre sulla parte frontale, la seguente dicitura: “I migliori grani italiani, californiani e dell’Arizona” entro 4 mesi dalla chiusura della fase istruttoria del procedimento;

ii) quanto al sito web, De Cecco darà maggior risalto, nella sezione dedicata al “metodo De Cecco”, al fatto che siano utilizzati grani selezionati in Italia e nel resto del mondo. In particolare, al capitolo “La Selezione del grano” alla frase “i migliori grani” aggiungerà le parole “italiani, californiani e dell’Arizona”. Alla frase “I nostri esperti selezionano le materie prime toccando con mano la qualità dei grani duri” aggiungerà di seguito le parole “italiani, californiani e dell’Arizona”. Il professionista ha sottolineato come gli impegni presentati garantiscano sia l’equilibrio informativo tra la parte frontale e il retro della confezione che la trasparenza delle informazioni fornite al consumatore.’ (AGCM, 20.12.20, provvedimento De Cecco, punti 16, 17)

La ‘trasparenza delle informazioni’ sottolineata dal ‘professionista’, purtroppo, non vi è mai stata a partire dall’avvio del procedimento dell’Antitrust. E alla beffa nei confronti dell’Autorità Garante per la Concorrenza e il Mercato si è accompagnato il danno nei confronti dei consumatori che hanno acquistato milioni di confezioni di pasta presentata a gran voce come ‘Italia, Arizona e California’ ma che di frumento italiano e/o francese conteneva il 10%. Una parte residua e trascurabile, per usare il lessico del p.m.

Falso in bilancio?

Il 13.2.20 l’impiegato dell’ufficio acquisti Stefano D’Alessio emetteva l’ordine di acquisto a favore dei Cavac (Positive Agriculture, Societè Cooperative Agricole à capital variable), per 4.575 ton di grano ‘pugliese’ in arrivo dal Nord-Ovest della Francia. Si formalizzava così la procedura del ciclo passivo che prevede l’ingresso della merce su un ordine di acquisto, la registrazione della fattura passiva (se in linea con l’entrata merci) e il successivo pagamento della fornitura. La codifica delle materie prime grano risponde all’esigenza di avere una corretta tenuta della contabilità generale, analitica e di magazzino. Oltre a rispondere a una corretta applicazione delle regole gestionali previste nelle procedure interne De Cecco.

In contabilità la codifica della materia prima grano è necessaria per controllare ciò che entra nei silos del magazzino, confrontarlo con la fattura del fornitore e procedere al pagamento. A livello gestionale la codifica della materia prima grano è necessaria per fornire alla contabilità generale la valorizzazione delle giacenze finali (mese, semestre, anno) e per fare l’inventario fisico di periodo (mese, semestre, anno), riferiti a singoli codici prodotto e ai relativi prezzi medi, in vista della stesura del bilancio consolidato. Tali attività dovrebbero seguire rigorose procedure interne, ai sensi della legge 231/01, e sono soggette al controllo esterno obbligatorio della società di revisione Ernest & Young. Ed è evidente come la falsificazione del codice grano, da francese a pugliese, infici le chiusure mensili (da febbraio a dicembre 2020), il bilancio in corso di approvazione e la semestrale approvata dal CdA. (10)

Sicurezza alimentare, rintracciabilità, sequestro

La sicurezza alimentare è stata completamente trascurata, dalla magistratura inquirente e purtroppo anche dai NAS di Latina che per primi hanno registrato la denuncia. La falsificazione dei documenti relativi alla rintracciabilità – dimostrata fin da principio nella discordanza tra i documenti commerciali e di carico – viola un requisito cardine del General Food Law (reg. CE 178/02, articolo 18) e avrebbe dovuto comportare il sequestro immediato dei prodotti immessi sul mercato. Tanto più in quanto trattasi di corpi di reato. Ma nessuno, in questa era buia, ha avuto il coraggio di compiere il proprio dovere. Speriamo vi provveda ora il Giudice per le Indagini Preliminari.

#VanghePulite

Dario Dongo

Note

(1) Dario Dongo. Spaghetti western all’abruzzese. Il film di Filippo Antonio De Cecco, in anteprima. GIFT (Great Italian Food Trade). 1.2.21, https://www.greatitalianfoodtrade.it/mercati/spaghetti-western-all-abruzzese-il-film-di-filippo-antonio-de-cecco-in-anteprima

(2) Dario Dongo. Spaghetti western all’abruzzese. Il pastatrac del signor De Cecco. GIFT (Great Italian Food Trade). 26.2.21, https://www.greatitalianfoodtrade.it/consum-attori/spaghetti-western-all-abruzzese-il-pastatrac-del-signor-de-cecco

(3) V. articolo in nota 2, paragrafi ‘Filippo Antonio De Cecco e Giovanni Legnini, un legame di valore’ e ‘Influenze dichiarate sulla giustizia abruzzese

(4) Reg. UE 1169/11, c.d. Food Information Regulation, articoli 36.1 e 7.1.a

(5) Dario Dongo, Alessandra Mei. Origine ingrediente primario, reg. UE 2018/775, linee guida Commissione europea. GIFT (Great Italian Food Trade). 18.1.20, https://www.greatitalianfoodtrade.it/etichette/origine-ingrediente-primario-reg-ue-2018-775-linee-guida-commissione-europea

(6) Marta Strinati. Rapporto Coop 2020, gli italiani a tavola in era Covid-19. GIFT (Great Italian Food Trade). 10.9.20, https://www.greatitalianfoodtrade.it/consum-attori/rapporto-coop-2020-gli-italiani-a-tavola-in-era-covid-19
(7) Marta Strinati. Consumi alimentari. La fotografia dell’Osservatorio Immagino. GIFT (Great Italian Food Trade). 15.2.21, https://www.greatitalianfoodtrade.it/mercati/consumi-alimentari-la-fotografia-dell-osservatorio-immagino

(8) Dario Dongo. Origine del grano nella pasta, il decreto italiano notificato a Bruxelles. GIFT (Great Italian Food Trade). 2.6.17, https://www.greatitalianfoodtrade.it/etichette/origine-del-grano-nella-pasta-il-decreto-italiano-notificato-a-bruxelles

(9) Dario Dongo, Martina Novelli. Antitrust, pasta Made in Italy e origine del grano, note sui flagelli. GIFT (Great Italian Food Trade). 11.2.20, https://www.greatitalianfoodtrade.it/idee/antitrust-pasta-made-in-italy-e-origine-del-grano-note-sui-flagelli

(10) L’inventario fisico, oltre agli elementi prescritti dal codice civile, deve indicare la consistenza dei beni raggruppati in categorie omogenee per natura e valore, e il valore attribuito a ciascun gruppo (D.P.R. 600/1973, articolo 15). L’Ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, a tale riguardo, chiarisce gli obblighi che in tal caso incombono su Ernst & Young. Accertamento della corretta valutazione delle giacenze di magazzino. Il revisore, nel verificare la valutazione delle giacenze di magazzino, deve verificare la determinazione del costo e la relativa comparazione col prezzo di mercato. Verifica della competenza dei costi e dei ricavi rilevati nel periodo, rispetto alle giacenze di magazzino. Il revisore deve porsi l’obiettivo di verificare che, per le giacenze di magazzino alla chiusura dell’esercizio, sia stato contabilizzato il rispettivo costo desunto dalle fatture d’acquisto. Nella fattispecie, il grano acquistato da una cooperativa francese attraverso un mediatore svizzero e registrato come pugliese, per il valore di 1,2 milioni di euro, ha falsificato il valore delle rimanenze finali di tutto il grano pugliese acquistato nel 2020, falsando i dati delle rimanenze finali iscritte a bilancio. Le quotazioni di aprile 2020, ad esempio, indicavano il grano pugliese a 307,50 euro/ton mentre quello francese era a 270 euro/ton (v. https://www.informatoreagrario.it/filiere-produttive/seminativi/prezzi-grano-duro-aprile-2020/). Filippo Antonio De Cecco e Mario Aruffo avevano insomma ‘una bella convenienza’, salvo così smentire gli impegni con Antitrust, ingannare i consumatori e alterare le scritture contabili

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