Le etichette alimentari ingannevoli continuano ad affollare gli scaffali dei supermercati. Lo denuncia l’associazione dei consumatori francesi CLCV (Consommation Logement Cadre de Vie), che pubblica l’esito di uno studio durato 5 anni e chiede all’industria di rimediare.
5 anni di campionamenti
Dal 2017 al 2021, CLCV ha esaminato etichette e profili nutrizionali di quasi 900 prodotti alimentari.
Il campione include sette categorie di prodotti: cereali per la colazione, piatti a base di carne, pesce impanato, biscotti, pietanze vegetariane, bevande energetiche e yogurt.
Etichette alimentari ingannevoli, il report
Tra le pratiche più comuni ed efficaci nel confondere il consumatore, l’associazione sottolinea l’abitudine di evidenziare in etichetta ingredienti pregiati anche se presenti in minime quantità. È il caso, per esempio, dell’immagine delle fragole sul vasetto dello yogurt.
‘C’è anche l’effetto opposto: un ingrediente utilizzato in grandi quantità perché poco costoso che non viene rappresentato sulla confezione’, denuncia l’associazione.
Un limite alle evocazioni
L’ambiguità sull’ingrediente pregiato investe anche la denominazione dei prodotti, con ‘ravioli di manzo’ con solo il 4% di carne di manzo, ‘bistecche di soia’ con appena il 12,5% di soia, etc. (1)
L’evidenza in etichetta di un ingrediente è soggetta alla regola del QUID (Quantitative Ingredient Declaration), che impone di precisarne la quantità in percentuale nella lista degli ingredienti, come abbiamo visto.
L’associazione francese chiede però di rivedere la norma, definendo soglie minime affinché gli ingredienti possano venire evidenziati con un’immagine sulla confezione o venire citati nella denominazione dell’alimento. (2)
Claim illusori
I claim che riferiscono virtù salutistiche o evidenziano benefit nutrizionali possono rappresentare un grimaldello ingannevole nella fiducia dei consumatori.
I prodotti accompagnati dai Nutrition & Health Claims sono risultati spesso molto ricchi di grassi, zuccheri o sale. ‘Informazioni che la confezione non menziona!’, sottolinea CLCV, che chiede di condizionare l’uso delle indicazioni nutrizionali e sulla salute in base al profilo nutrizionale complessivo dei prodotti.
L’origine infedele
Quanto all’origine degli ingredienti, il report evidenzia che molto spesso rimane sconosciuta.
Il dilagare di bandiere francesi sulle confezioni, infatti, molto spesso indica soltanto il luogo di confezionamento o di fabbricazione, ma non anche l’origine degli ingredienti.
Dalla parte dei bambini
Ulteriore questione irrisolta riguarda gli scadenti profili nutrizionali degli alimenti rivolti ai bambini, come già accertata dal Joint Research Center della Commissione europea. L’evidenza che gran parte di questi cibi sia potenzialmente nociva è consolidata, ma la grande industria si ostina a non cambiare le ricette del junk-food.
La richiesta dei consumatori francesi all’industria è perentoria. ‘È essenziale stabilire quantità massime di additivi, aromi, sale, grassi e zucchero nei prodotti per bambini, senza attendere normative vincolanti’. Magari fosse.
Il report di CLCV è disponibile a questo link.
Marta Strinati
Note
(1) Altri esempi nell’articolo Tracce di DOP e IGP nel prodotto composto? Risponde l’avvocato Dario Dongo. FARE (Food and Agriculture Requirements), 3.12.19 https://www.foodagriculturerequirements.com/notizie/domande-e-risposte/tracce-di-dop-e-igp-nel-prodotto-composto-risponde-l-avvocato-dario-dongo
(2) Circa le regole attuali, si veda l’articolo Gusto di, sapore di. Risponde l’avvocato Dario Dongo. FARE (Food and Agriculture Requirements), 21.8.19 https://www.foodagriculturerequirements.com/archivio-notizie/domande-e-risposte/gusto-di-sapore-di-risponde-l-avvocato-dario-dongo
Giornalista professionista dal gennaio 1995, ha lavorato per quotidiani (Il Messaggero, Paese Sera, La Stampa) e periodici (NumeroUno, Il Salvagente). Autrice di inchieste giornalistiche sul food, ha pubblicato il volume "Leggere le etichette per sapere cosa mangiamo".