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Coadiuvanti tecnologici, gli additivi che l’etichetta tace

Centinaia di molecole vengono impiegate come coadiuvanti tecnologici nella produzione degli alimenti. L’assenza di un obbligo a riferire in etichetta il loro impiego non esime da appropriate valutazioni sulla loro sicurezza. L’approfondimento dell’associazione del consumatori francesi Que Choisir. (1)

Coadiuvanti tecnologici, gli additivi nascosti

I coadiuvanti tecnologici sono additivi, enzimi e altre sostanze utilizzate durante i processi di produzione e per le sole finalità di processo. La loro eventuale residuazione nel prodotto finito – ‘non intenzionale ma tecnicamente inevitabile’ – non deve svolgere alcuna funzione su di esso (reg. CE 1333/08, c.d. regolamento additivi, art. 3.2.b).

L’etichetta dei prodotti alimentari può omettere la loro indicazione, fatto comunque salvo il dovere di indicare possibili residui di sostanze allergeniche (es. uova nel vino chiarificato con albumina. V. reg. UE 1169/11, articoli 9, 20). (2) Tra essi figurano solventi (es. esano), sbiancanti, coloranti, deodoranti, antischiumogeni, antiagglomeranti, etc. 

Le regole

Il regolamento additivi definisce i coadiuvanti tecnologici, precisando che i loro residui non devono costituire rischio per la salute dei consumatori, senza però fornire un elenco positivo delle sostanze ammesse. (2)

Il governo francese, invece, con il decreto n. 2011-509, li inquadra  in 17 categorie (16 distinte per funzionalità e un’altra residuale). (3) E l’Anses vigila sulla loro sicurezza.

Antischiuma nel succo di ananas

Il confine tra ausili tecnologici e additivi a volte è molto labile e i produttori lo superano, anche fraudolentemente, avverte Que Choisir. Come nel caso degli antischiuma utilizzati nel succo di ananas dal concentrato.

Il silicio viene spesso aggiunto al succo nell’impianto di produzione dei concentrati per evitare la formazione di schiuma, che interromperebbe il processo di concentrazione’, spiega Hubert Bazin, consulente per la qualità ed ex responsabile della ricerca e sviluppo di Oasis, un famoso marchio di bevande alla frutta.

Un caso al vaglio della direzione antifrode

Gli imbottigliatori considerano il silicio un coadiuvante tecnologico e quindi non lo indicano in etichetta. La molecola tuttavia rimane e finisce nel bicchiere del consumatore, dove continua ad agire da antischiuma.

La Direzione Generale della Concorrenza, dei Consumatori e della Prevenzione delle Frodi francese (DGCCRF) ha affermato che ‘sono in corso riflessioni […] per stabilire criteri per distinguere lo status di additivo da quello di coadiuvante tecnologico per antischiuma’.

I ‘decontaminanti’

La sottile distinzione tra ausili tecnologici e additivi si palesa anche con riguardo ai conservanti. Alcune molecole, denominate ‘agenti di decontaminazione’, entrano in contatto con gli alimenti solo una tantum. 

Tra questi, la formaldeide, un probabile cancerogeno, che nessuno di noi immaginerebbe di ingerire addentando una zolletta di zucchero’.

Zucchero, molti coadiuvanti tecnologici

Proprio lo zucchero è tra gli alimenti più trattati, con oltre 50 coadiuvanti tecnologici autorizzati nella sua patria d’Oltralpe (ove tra l’altro si impiegano ancora sementi conciate con pesticidi neonicotinoidi, come si è visto, in deroga ai divieti UE).

Se la gente conoscesse tutta la chimica necessaria per trasformare una barbabietola da zucchero in piccoli grani perfettamente bianchi…’, sospira Raphaël Haumont, chimico dell’Università di Paris-Saclay e autore, tra gli altri, del libro Les couleurs de la kitchen (pubblicato da Dunod).

Olio di girasole, meglio vergine e biologico

Gli oli vegetali non sono esenti da rischi. Senza che le etichette ne diano conto, alcuni composti chimici possono rimanere nell’olio raffinato.

La produzione di oli di girasole non vergini e non biologici ‘può comportare la raffinazione con acido fosforico, o la decolorazione con silice’, avverte Sébastien Loctin, amministratore delegato di Biofuture, azienda che commercializza oli vergini e biologici non trattati chimicamente.

Il biologico meno a rischio

Come per l’olio di girasole, ogni alimento ottenuto con il sistema biologico pone meno rischi. Il regime biologico UE autorizza infatti solo una cinquantina di additivi alimentari, a fronte degli oltre 300 ammessi nei prodotti convenzionali, a condizioni d’uso rigorose.

I mangimi bio a loro volta – oltre a incontrare il divieto assoluto di derivazione da OGM – sono soggetti a regole molto severe su additivi e ausili tecnologici ammessi.

Gli additivi nascosti

Come i coadiuvanti tecnologici anche gli additivi possono essere invisibili al consumatore. È il caso della cera che ricopre alcuni frutti come le mele, al fine di prolungarne la conservazione. Nessuna informazione è fornita al consumatore, in quanto frutta e verdura fresca sono esenti dall’obbligo di etichettatura.

Additivi non dichiarati sono comuni anche nei prodotti di origine animale. ‘I coloranti rosa si trovano in particolare in un gran numero di salmoni, gamberetti e trote, e spesso anche i coloranti gialli [vengono aggiunti] nel burro e nelle uova’, afferma Raphaël Haumont.

Questi additivi non devono essere etichettati, semplicemente perché introdotti nel prodotto indirettamente, tramite l’alimentazione del bestiame. Come per il biossido di titanio, infatti vietato nei mangimi animali prima ancora che negli alimenti.

L’anidride solforosa nascosta

Ulteriore circostanza anomala si verifica nei prodotti composti da più ingredienti perché i produttori non sono obbligati a menzionare le molecole integrate in ciascuno di essi, purché non svolgano più la loro funzione nel prodotto finito.

In barrette di cereali, muesli o torte alla frutta, per esempio, talvolta l’elenco degli ingredienti non riferisce la presenza di anidride solforosa (E220) o di bisolfito di sodio (E222), solfiti spesso usati come conservanti nella frutta secca. Tuttavia, è segnalata la presenza di ‘solfiti’ in quanto allergeni.

Secondo Béatrice de Reynal, nutrizionista e CEO dell’agenzia di consulenza NutriMarketing, i produttori li considerano ‘additivi di trasferimento’, anche se continuano a svolgere il loro ruolo nel prodotto finito. Interpellate da Que Choisir, invece, le imprese di settore assicurano che nessun solfito è aggiunto intenzionalmente dai loro fornitori di frutta secca. E l’avvertenza sulla presenza di solfiti è una mera precauzione contro il rischio di contaminazione.

Marta Strinati

Note

(1) Elsa Abdoun. Additifs. La recette pour les cacher, Que Choisir, 20.1.22 https://www.quechoisir.org/enquete-additifs-la-recette-pour-les-cacher-n98056/?utm_medium=email&utm_source=nlh&utm_campaign=nlh20220126&at_medium=email&at_emailtype=retention&at_campaign=nlh20220126

(2) Dario Dongo. Coadiuvanti o additivi in etichetta? Risponde l’avvocato Dario Dongo. FARE (Food and Agriculture Requirements), 2.3.19. https://www.foodagriculturerequirements.com/archivio-notizie/domande-e-risposte/coadiuvanti-o-additivi-in-etichetta-risponde-l-avvocato-dario-dongo

(3) Ministère de l’Économie des Finances et de la Relance. Réglementation relative aux auxiliaires technologiques. https://www.economie.gouv.fr/dgccrf/Securite/produits-alimentaires/reglementation-relative-aux-auxiliaires-technologiques 

 

Marta Strinati

Giornalista professionista dal gennaio 1995, ha lavorato per quotidiani (Il Messaggero, Paese Sera, La Stampa) e periodici (NumeroUno, Il Salvagente). Autrice di inchieste giornalistiche sul food, ha pubblicato il volume "Leggere le etichette per sapere cosa mangiamo".

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