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Benessere animale, ad maiora. Il ruolo dei ConsumAttori

Il benessere animale è in seconda posizione – dopo la ‘sostenibilità’, soprattutto in agricoltura – nella classifica europea delle parole a vanvera.

‘Nel 2008 l’Organizzazione mondiale per la salute animale (OIE) ha fornito la seguente definizione del benessere animale: ‘Un animale presenta uno stato di benessere soddisfacente se è sano, comodo, ben nutrito, sicuro, in grado di tenere il comportamento innato [naturale] e se non patisce disagi riconducibili ad esempio a dolore, paura, sofferenza’. Il concetto di benessere degli animali è iscritto nell’articolo 13 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), che riconosce agli animali la condizione di esseri senzienti.’ (1)

In attesa di una ‘politica’ europea – a cui potrebbe seguire l’applicazione di nuove regole, tra 7-8 anni – si segnala una consultazione pubblica online della Commissione europea. Solo i consumAttori possono invertire la rotta.

Benessere animale, ad maiora

La strategia Farm to Fork, annunciata a Bruxelles il 20.5.20, ha previsto la messa a punto di una proposta di revisione delle regole in tema di animal welfare nel 2023. Non è ancora chiaro se la Commissione presenterà un Libro verde, ove introdurre una nuova ‘strategia’ da sottoporre a consultazioni urbi et orbi, o un Libro bianco (sulla scorta delle consultazioni già in atto), o se adotterà direttamente una serie di proposte (regolamenti e/o direttive).

In tale ultima ipotesi, la più ‘spedita’ e forse probabile, i testi verranno presumibilmente esaminati in prima lettura dal Parlamento e dal Consiglio a fine 2024 – inizio 2025. Dopo l’insediamento dei nuovi eurodeputati e la formazione delle nuove commissioni parlamentari, a seguito delle prossime elezioni europee in calendario a maggio 2024. La seconda lettura potrebbe avere luogo nel primo semestre 2026 e – in caso di accordo più o meno rapido tra Parlamento, Consiglio e Commissione – i nuovi testi potrebbero venire pubblicati in Gazzetta Ufficiale entro la fine di quell’anno. Con un periodo transitorio, per la loro effettiva applicazione, che è ragionevole attendere nel biennio successivo.

Conte dei Conti europea, ABC delle carenze

La Corte dei Conti europea, nella propria relazione speciale 2018 sul benessere animale, evidenzia alcune carenze la cui responsabilità viene attribuita in primis agli Stati membri: (1)

A) mancato raggiungimento degli standard minimi di animal welfare. A cui consegue il suggerimento di ‘impiegare meglio’ i finanziamenti PAC,

B) carenza dei controlli pubblici veterinari ufficiali in alcuni ambiti, (2)

C) applicazione carente della normativa, per quanto attiene a

– allevamenti (es. taglio della coda e castrazione dei suini),
– trasporto (con attenzione a trasporti su lunghe distanze e di animali non idonei),
– macellazione (es. deroghe per macellazione rituale senza stordimento, pratiche di stordimento inadeguate).

Meglio tardi che mai, entro fine 2020 la Commissione europea dovrebbe pubblicare un rapporto in merito alla strategia UE sul benessere animale 2012-2015. (3) Tenuto anche conto, in teoria, dei commenti raccolti in una consultazione pubblica online conclusa il 22.6.20.

Consultazione pubblica online

Il fitness check (riesame) sulla legislazione in tema di animal welfare è stato altresì avviato, al fine di valutare l’idoneità delle regole in vigore. (4)

Tutte le parti sociali interessate, ivi compresi i cittadini, possono esprimere il loro punto di vista entro il 29.7.20, seguendo il link https://ec.europa.eu/info/law/better-regulation/have-your-say/initiatives/12400-Fitness-Check-of-the-EU-legislation-on-animal-welfare-.

Zootecnia, gli interessi contrapposti

La Commissione europea – nel proseguire consultazioni e chiacchiere, cioè perdere tempo, anziché adottare proposte normative – esegue gli ordini dei poteri forti. La giga-industria dei caporali tedeschi e i colossi finanziari globali, i quali ultimi impongono alla politica il via libera alle importazioni dal continente americano – USA, Canada, Brasile – di prodotti che derivano dal più bieco sfruttamento degli animali da reddito.

Animali nutriti con farine animali e soia OGM carica di pesticidi, ovvero pascolati in foreste incendiate apposta. Ormoni della crescita e farmaci veterinari vietati in Europa da decenni, per gradire. E varie altre amenità, compreso il lavaggio nel cloro delle carcasse dei polli malati Made in USA.

La zootecnia europea ha viceversa espresso interesse a investire sulla sostenibilità delle filiere e sul benessere animale, con l’idea di apportare valore e distinguere le produzioni Made in Europe. Le quali già si distinguono per l’applicazione di una disciplina rigorosa, in tema di sanità animale e sicurezza alimentare, soggetta tra l’altro a recente riforma.

La mannaia invisibile del mercato

In assenza di un adeguato sostegno, in ambito della Politica Agricola Comune (PAC), è del resto difficile prevedere cospicui investimenti nelle direzioni attese. A maggior ragione ove si consideri che gli allevatori, raramente aggregati in grandi consorzi e/o cooperative, continuano a subire la concorrenza – in condizioni di dumping socio-ambientale dei colossi globali.

Volatilità dei prezzi, carenza di accordi interprofessionali, squilibrio di potere contrattuale con i grandi clienti e pratiche commerciali scorrette – il cui divieto, previsto nella direttiva UE 2019/633, non ha ancora trovato attuazione in Italia – completano lo scenario. E se decine di migliaia di allevatori oggi stentano a sopravvivere, non solo il benessere animale ma anche la sovranità alimentare hanno poche chance.

Il ruolo dei consumAttori

I consumAttori, in questo scenario, sono forse gli unici a poter ribaltare la mannaia invisibile del mercato. Scegliendo prodotti che provengono da filiera corta, da animali (e pesci) allevati senza antibiotici. Tanto meglio se bio.

Bisogna però liberarsi dalla ‘droga del prezzo’ e riconoscere il valore di chi rispetta i diritti di lavoratori, animali e ambiente. Orate e branzini allevati in Italia, per richiamare un esempio, non possono costare poco come quelli greci. Ma la densità degli allevamenti e i livelli di antibiotici sono imparagonabili. Ogni scelta di consumo ha dunque il suo impatto di cui noi, ogni giorno, siamo responsabili.

Dario Dongo e Marina De Nobili

Note

(1) Corte dei Conti Europea. Il benessere degli animali nell’UE: colmare il divario tra obiettivi ambiziosi e attuazione pratica, Relazione Speciale 31/2018.
(2) Dal rapporto della Corte dei Conti emerge un’osservazione sulla situazione attuale in Italia. È tuttora possibile escludere dai controlli sul benessere animale le aziende suinicole con meno di 40 suini o 6 scrofe e gli allevamenti di caprini, ovini e bovini (eccettuati i vitelli) con meno di 50 capi di bestiame. Considerata la frammentazione degli allevamenti in Sardegna, sono di fatto esclusi da tali verifiche l’85% delle aziende suinicole, il 67% degli allevamenti di caprini e l’86% degli allevamenti di bovini (eccettuati i vitelli)
(3) Commissione europea. Strategy for the Protection and Welfare of Animals 2012-2015. Comunicazione COM/2012/06 final

(4) Direttiva 98/58/CE sulla protezione degli animali negli allevamenti. Dir. 1999/74/CE, che stabilisce le norme minime per la protezione delle galline ovaiole. Dir. 2007/43/CE, che stabilisce norme minime per la protezione dei polli allevati per la produzione di carne. Dir. 2008/120/CE, che stabilisce le norme minime per la protezione dei suini. Direttiva 2008/119/CE, che stabilisce le norme minime per la protezione dei vitelli. Reg. CE 1/2005, sulla protezione degli animali durante il trasporto. Reg. CE 1099/2009, relativo alla protezione degli animali durante l’abbattimento

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