HomeEtichetteProbiotici, 18 anni di battaglie in Unione Europea

Probiotici, 18 anni di battaglie in Unione Europea

Lo European Ombudsman si è espresso, il 20 dicembre 2024, sulla posizione assunta dalla Commissione europea circa l’utilizzo del termine ‘probiotici’ in etichetta e pubblicità di alimenti e integratori alimentari. (1)

La situazione rimane critica, anche per via dei diversi approcci adottati dagli Stati membri in merito all’eventuale applicazione del Nutrition and Health Claims Regulation (EC) 1924/06. In attesa della Corte dí Giustizia UE.

1) Probiotici, nozione

I probiotici sono storicamente definiti come ‘live microorganisms that, when administered in adequate amounts, confer a health benefit on the host’ (FAO, WHO, 2001). Questa definizione è stata poi corroborata dalla previsione di quattro condizioni, a cui i microrganismi devono rispondere per venire designati in quanto ‘probiotici’:

caratterizzazione (genere, specie e sub-specie, secondo la nomenclatura internazionale, seguiti dal numero di catalogo del singolo ceppo in una ‘cell collection’ riconosciuta ovvero il suo nome commerciale);

– sicurezza per l’uso previsto. A tal fine, in Unione Europea, è anche possibile riferirsi alle QPS (Qualified Presumptions of Safety) sviluppate da EFSA (European Food Safety Authority); (2)

– evidenza scientifica. Almeno uno studio clinico positivo su esseri umani, da condirsi secondo gli standard scientifici generalmente accettati o le disposizioni e raccomandazioni delle autorità competenti, se applicabili;

– vitalità. L’alimento o integratore alimentare o prodotto medicinale con probiotici deve mantenere questi microrganismi vivi, fino al termine della shelf-life, a una dose efficace agli scopi. (3)

2) Mercati

La progressiva crescita del mercato internazionale dei probiotici è attribuita alla crescente attenzione verso il microbiota intestinale, da parte della comunità medico-scientifica e dei consumatori, e alla globalizzazione delle vendite online.

Le vendite di integratori alimentari, alimenti e bevande a base di latte latticini caratterizzati dalla presenza di probiotici hanno superato:

– a livello globale, US$ 50 miliardi nel 2023, con ulteriore crescita nel 2024 (dati IPA, International Probiotics Organisation);

– in UE (terzo mercato, dopo Cina e Stati Uniti) € 10 miliardi, nel 2023. Con una crescita significativa (+5,6%), in Italia, nell’ultimo anno. (4)

3) Ostacoli legislativi in Unione Europea

L’Italia è stata per molti anni il primo Paese europeo per le pubblicazioni scientifiche in materia di probiotici, secondo solo agli Stati Uniti, grazie a una lunga tradizione nella ricerca sui fermenti lattici e agli investimenti di alcune imprese pionieristiche al fianco di Università come la Cattolica di Piacenza e Cremona.

La controversa applicazione del Nutrition and Health Claims Regulation (EC) 1924/06 ha tuttavia generato una serie di incertezze giuridiche che hanno gravemente ostacolato la ricerca e così gli investimenti in questo promettente settore di produzione in UE, come si è visto. (3) Incertezze, come si vedrà, ancora irrisolte.

3.1) Applicazione del Nutrition and Health Claims Regulation

La Commissione europea, nelle proprie linee guida sul Nutrition and Health Claims Regulation (2007), ha indicato la dicitura ‘contiene probiotici’ quale esempio di ‘health claim’ perciò soggetto all’applicazione delle relative norme. In immotivato contrasto con la valutazione di EFSA (2016). (5)

Le linee guida della Commissione europea – benché prive di valore giuridico, nel diritto UE – hanno condizionato le autorità di alcuni Stati membri, ostacolato la libera circolazione delle merci e gli investimenti. Laddove:

– alcuni Stati membri, come l’Italia, hanno chiarito le condizioni per il legittimo impiego della dicitura ‘contiene probiotici’, in etichetta di alimenti e integratori alimentari; (6)

– altri Stati membri hanno ammesso la distribuzione di prodotti recanti la semplice (e dimostrata) dichiarazione di fatto ‘contiene probiotici’, altri hanno invece richiesto l’applicazione del NHCR.

3.2) Livelli di evidenza scientifica

Gli operatori che – al di là della semplice indicazione di fatto ‘contiene probiotici’ – intendano promuovere i benefici (generali o specifici) per la salute associati al loro consumo devono in ogni caso presentare una richiesta di autorizzazione all’utilizzo dei relativi ‘health claims’.

Il regolamento NHCR ha precisamente distinto le due categorie di ‘functional claims’ e ‘disease risk reduction claims’, agli articoli 13 e 14. La Commissione europea, nell’interpretare tale regolamento, ha però richiesto un identico livello di evidenza scientifica per entrambe le categorie.

3.3) Conseguenze

La pretesa di identici livelli di prova per ‘functional claims’ e ‘disease risk reduction claims’ comporta che:

– studi in vitro sulle proprietà dei probiotici e le loro interazioni con le cellule dell’intestino, studi clinici su pazienti sensibili (i.e. sindrome dell’intestino irritabile), studi osservazionali non sono sufficienti a sostenere un indicazione del tipo ‘i probiotici L. rhamnosus, B. lactis e B. longum contribuiscono a mantenere l’equilibrio del microbioma intestinale’ (7)

– tali indicazioni devono invece venire dimostrata con onerosi studi clinici in doppio cieco contro placebo su individui sani. Lo stesso livello di evidenza scientifica richiesto per un’indicazione relativa alla capacità di una sostanza di prevenire un fattore di rischio di malattia (i.e. ‘I probiotici… aiutano a ridurre i livelli di infiammazione della barriera intestinale’). Quale proporzione?

VIDEO Dario Dongo: Health claims, a troubled implementation and mixed stakeholders’ views on Reg. EC no. 1924/2006. Event: Innovating Food, Innovating the Law. Università Cattolica del Sacro Cuore, Piacenza, Italy. 14.10.11

Gli studi clinici su individui sani, oltretutto, sono particolarmente complessi quando si tratti di dimostrare che un singolo fattore dietetico possa apportare una variazione significativa nell’ambito dell’omeostasi (i.e. equilibrio del microbioma intestinale). Ed è perciò che, a fronte di tali ostacoli che potrebbero pregiudicare il risultato di anni di ricerca, gli stessi investimenti nella ricerca vengono a mancare.

4) European Ombudsman, la procedura

Il 21 novembre 2023 l’industria europea dei probiotici si è rivolta allo European Ombudsman per contestare l’interpretazione della Commissione europea secondo cui la sola esposizione della dicitura ‘contiene probiotici’ – senza alcun riferimento a benefici per la salute, nell’informazione commerciale relativa all’alimento – costituirebbe un ‘health claim’ (si veda il precedente paragrafo 3.1).

4.1) Memorie difensive e decisione

Il 20 dicembre 2024, meglio tardi che mai, il mediatore europeo si è finalmente pronunciato. Per constatare la sostanziale correttezza dell’interpretazione della Commissione europea, da essa giustificata con un richiamo alla definizione di ‘probiotico’ offerta da FAO-WHO (si veda il precedente paragrafo 1). Tale nozione peraltro:

– riferisce al generico beneficio di un microrganismo alla ‘salute’ di un organismo ospite (cellule intestinali), con l’obiettivo di identificare i microrganismi probiotici, mediante precisa distinzione rispetto a quelli anche solo potenzialmente patogeni;

– non suggerisce perciò soltanto ai benefici dei probiotici per la salute umana. Diversamente opinando, la sola nozione FAO-WHO dovrebbe venire considerata sufficiente, dalla Commissione europea, per validare richieste di autorizzazione di health claims sui probiotici;

– è contenuta in uno delle migliaia di documenti di FAO e WHO che qualificano i prodotti alimentari e le sostanze in essi contenute, anche in sede di Codex Alimentarius. Non appartiene perciò al dominio di conoscenze della popolazione generale.

4.2) Un giudizio salomonico

‘The Ombudsman does not believe that the Commission’s interpretation of the term ‘probiotics’ creates legal uncertainty. Legal uncertainty means that the applicable rules are unclear and, because of this, their addressees cannot ascertain which conduct is prohibited, required, or allowed. In this case, on the contrary, the Commission’s position contributed to clarifying the legal framework.

It is not within the Ombudsman’s mandate to determine whether some Member States allow a use of the term ‘probiotics’, which is not in line with the Claims Regulation. However, even if that were the case, this would not mean that the Commission is wrong, but rather that some Member States do not comply with EU law, which would be for the Commission to address in its capacity as guardian of the EU Treaties’. (8)

5) Conclusioni provvisorie

Il mediatore europeo ha impiegato 13 mesi per dichiarare che la Commissione europea ‘non ha commesso un errore manifesto’ nell’interpretare il Nutrition and Health Regulation. E su tale premessa (a sua volta priva di valore giuridico, come già l’interpretazione e le linee guida della Commissione) ha ribaltato sugli Stati membri la responsabilità dell’incertezza giuridica che affligge il settore dei probiotici in Unione Europea.

European Court of Auditors – nel proprio rapporto ‘Consumers can get lost in the maze of labels’ (2024) – ha invece mostrato una maggiore indipendenza rispetto all’esecutivo di Bruxelles. Annotando tra l’altro una serie di omissioni della Commissione europea, nell’applicazione del NHCR, che comprendono il difetto di esame di 2.078 health claims relativi a un’altra categoria di sostanze, i ‘botanicals’. (9)

Court of Justice of the European Union – il solo interprete ufficiale del diritto UE, assieme al legislatore – ha a sua volta chiarito, proprio nel caso dei ‘botanicals’, che gli health claims devono venire basati sulla ‘generally accepted scientific evidence‘, e non necessariamente sui livelli di evidenza scientifica pretesi dalla Commissione. (10) Solo CJEU potrà mettere fine ai gravi ostacoli che affliggono il settore dei probiotici. (11)

Dario Dongo

Note

(1) European Ombudsman. Decision on how the European Commission deals with the labelling of foodstuff that contain probiotics as ‘health claims’ (case 2273/2023/MIK). 20.12.24 https://tinyurl.com/4masy7vx

(2) Dario Dongo, Giulia Torre. Microalgae, novel food, and qualified presumption of safety of microorganisms. FT (Food Times). May 4, 2022

(3) Dario Dongo. Probiotics, the chaos of labels in the European single market. FT (Food Times). December 25, 203

(4) Si veda il paragrafo 5 (Rich-in), voce ‘fermenti lattici’, nel precedente articolo di Marta Strinati. I consumi alimentari in Italia nella XVI edizione dell’Osservatorio Immagino. GIFT (Great Italian Food Trade). 21.12.24

(5) EFSA Guidance on the scientific requirements for health claims related to the immune system, the gastrointestinal tract and defence against pathogenic microorganisms EFSA Journal 2016;14(1):4369 https://doi.org/10.2903/j.efsa.2016.4369

(6) Dario Dongo. Probiotici e prebiotici, via libera del Ministero. GIFT (Great Italian Food Trade). 15.5.18

(7) Si vedano gli studi citati nelle note 10,11 al precedente articolo di Dario Dongo, Carlotta Suardi. Prebiotics and probiotics, microbiome and immune system. FT (Food Times). April 28, 2020

(8) Si veda la decisione citata in nota 1, punti 29 e 30

(9) Si veda il paragrafo 4.4 (Nutrition and Health Claims) nel precedente articolo di Dario Dongo. Special – Food labels in the EU, the Court of Auditors report. FT (Food Times). November 27, 2024

(10) Dario Dongo. Health claims on botanicals, the Court of Justice provides clarity. FT (Food Times). October 13, 2020

(11) Ombudsman’s Conclusion on Probiotics: A Missed Opportunity
to Clarify Legal Uncertainty and Meet Consumer Demand. IPA (International Probiotics Association) Europe. Press release. 10.1.25 https://tinyurl.com/psh6st9a

Articoli correlati

Articoli recenti

Commenti recenti