La dieta biologica mediterranea fa aumentare i livelli di antiossidanti, diminuisce l’infiammazione generale dell’organismo e riduce il rischio cardiocircolatorio. Le evidenze emergono da uno studio su volontari sani condotto da un team di ricercatori dell’Università di Tor Vergata, a Roma.
Lo studio sulla dieta biologica mediterranea
I ricercatori hanno misurato i benefici della dieta biologica mediterranea su 15 volontari sani, i quali sono stati sottoposti a un preciso schema alimentare per la durata di un mese.
La ricerca è basata sulla raccolta di dati sulla salute dei partecipanti, i valori nutrizionali dei cibi e la loro impronta ambientale. Particolare attenzione è dedicata alla composizione del microbiota intestinale, un sistema fondamentale per la salute, minacciato dai cibi ultraprocessati. (1,2,3)
Focus sul microbiota intestinale
Un solo mese di dieta biologica mediterranea ha determinato un marcato miglioramento nella composizione del microbiota intestinale:
– le famiglie di batteri antiossidanti (i ‘batteri buoni’ per la salute) sono aumentate fino al 25%, dopo la dieta bio, rispetto allo stato iniziale
– le associazioni di batteri pro-ossidanti si sono viceversa ridotte fino al 50% sul campione dei partecipanti.
La conclusione dei ricercatori è che seguire una dieta mediterranea biologica riduce il rischio di contrarre malattie cardiovascolari, diabete e tumori, grazie a un complessivo effetto immunomodulante e detossificante.
Dimezzato l’indice di aterogenicità
Risultati molto positivi emergono anche nella qualità dei grassi assunti nella dieta biologica mediterranea, con un calo consistente del rischio di malattie cardiovascolari in termini di:
– indice di aterogenicità quasi dimezzato (da 0,29 a 0,16)
– indice di trombogenicità, più che dimezzato (da 0,42 a 0,20).
Eccellente è altresì l’effetto della dieta sulla capacità antiossidante del corpo, fondamentale per contrastare l’invecchiamento cellulare, che è quasi quadruplicata, passando da 5.870 a 20.573 unità ORAC, l’unità di misura della capacità di assorbimento dei radicali liberi. (4)
Quale dieta mediterranea?
Un dato sorprendente è la scarsa conoscenza della dieta mediterranea, basata sul consumo di vegetali, cereali, legumi, frutta fresca e secca e poche proteine animali, possibilmente ittiche.
I partecipanti allo studio erano in effetti convinti di seguire la dieta mediterranea già prima di aderire alla ricerca, e tuttavia il cosiddetto Indice di Adeguatezza Mediterranea è passato da 1,4 (livello ‘non accettabile’) nella fase preliminare a oltre 15 (livello ‘eccellente’) al termine dello studio.
Si noti bene che anche solo l’aumento di 2.7 unità dell’indice di adeguatezza mediterranea, nell’arco di 20 anni, è associato a una diminuzione di mortalità per patologie cardiovascolari in misura del 26%.
Il ruolo dell’esposoma
‘Il cuore dello studio ha riguardato l’analisi del cosiddetto esposoma, ovvero l’insieme dei fattori interni ed esterni che influenzano il nostro stato di salute. Tra questi vi sono le abitudini alimentari, lo stile di vita e l’esposizione a sostanze inquinanti.
Lo studio ha approfondito il primo di questi fattori, ovvero quanto incide ciò che mangiamo sul nostro stato di salute.
I risultati hanno mostrato che una dieta composta esclusivamente da alimenti biologici riduce l’esposizione a sostanze chimiche nocive, come pesticidi e fertilizzanti sintetici, rafforzando le barriere naturali del corpo contro infiammazioni e danni cellulari’, commenta Laura Di Renzo, direttrice della Scuola di Scienze dell’Alimentazione dell’Università di Tor Vergata. (5)
L’impronta ambientale della dieta
I benefici di una dieta biologica si estendono ovviamente all’ambiente. Lo studio di Tor Vergata conferma che mangiare bio è una scelta sostenibile.
L’impatto ambientale della dieta bio dei partecipanti allo studio, per un solo mese, evidenzia variazioni significative rispetto alla dieta precedente:
– l’impronta idrica è scesa da 64.475 litri a 44.705 litri per persona, con un risparmio di circa 20.000 litri che equivale all’acqua mediamente impiegata per fare più di 250 docce
– l’impronta carbonica si è ridotta da 40,25 a 38,13 kg di CO2 equivalenti. Un risparmio pari alle emissioni prodotte dal funzionamento medio mensile di un forno elettrico.
Effetto dimagrante
Un effetto ‘collaterale’ della dieta biologica mediterranea è la perdita di peso. Così è capitato a Tatiana e Dario, due dei 15 volontari. I quali sono diventati protagonisti della campagna di comunicazione ‘Il bio dentro di noi’ – organizzata da FederBio, AssoBio e Consorzio Il Biologico – per diffondere i risultati dello studio dell’Università di Tor Vergata. (6)
Tatiana e Dario hanno infatti manifestato i benefici comuni all’intero gruppo di volontari: i batteri ‘buoni’ (tra i Firmicutes) sono aumentati, nel loro microbiota intestinale, mentre i batteri (tra i Bacteroitedes) che favoriscono lo stato infiammatorio sono diminuiti tra il 5 e il 50%. Con l’ulteriore, inatteso beneficio di perdere entrambi circa un chilo di peso.
Verso la seconda tappa dello studio
Lo studio dell’Università di Tor Vergata prosegue. Dopo un mese di dieta biologica mediterranea (con alimenti offerti da Naturasì) i volontari tornano liberi di mangiare a loro piacimento per trenta giorni. Per poi sottoporsi a ulteriori trenta giorni di dieta mediterranea ‘convenzionale’ (cioè non biologica).
Nei primi mesi del 2025 dovrebbero emergere ulteriori dati, probabilmente incentrati sugli effetti della diversa composizione degli alimenti biologici. I quali, a raffronto con i ‘convenzionali’, contengono:
– meno residui di sostanze chimiche, le quali si accumulano nell’organismo umano come si è visto nel caso del glifosate, (7) e
– maggiori quantità di composti bioattivi e nutrienti benefici, come emerge da una recente revisione scientifica. (8)
Il progetto MOOD
La ricerca è stata condotta dall’Università di Roma Tor Vergata – Sezione di Nutrizione clinica e Nutrigenomica del Dipartimento di Biomedicina e Prevenzione, sotto la guida della professoressa Laura Di Renzo.
Lo studio, denominato IMOD (Italian Mediterranean Organic Diet) rientra nel progetto MOOD (Modello di progettazione della rete dei sistemi di sicurezza alimentare, qualità nutrizionale e nutrigenomica della Dieta mediterranea per la difesa della salute in Italia).
Il progetto MOOD, a cura dell’Università di Tor Vergata, è finanziato da ministero della Salute e Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC).
Marta Strinati
Note
(1) Paola Palestini, Dario Dongo. Microbioma e intestino, il secondo cervello. GIFT (Great Italian Food Trade). 14.2.19
(2) Dario Dongo, Andrea Adelmo Della Penna. Alimenti biologici e sistema immunitario, evidenze scientifiche. GIFT (Great Italian Food Trade). 11.4.20
(3) Marta Strinati, Dario Dongo. Correlazioni tra dieta, microbioma intestinale e salute. Studio scientifico su 1098 individui. GIFT (Great Italian Food Trade). 15.1.21
(4) Il livello ORAC (Oxygen Radical Absorbance Capacity) può venire misurato anche nei singoli alimenti. Si veda il precedente articolo di Dario Dongo, Andrea Adelmo Della Penna. The ORAC level, an index measuring the antioxidant power of foods. FT (Food Times). December 12, 2020
(5) Di Renzo, L.; Gualtieri, P.; Frank, G.; Cianci, R.; Caldarelli, M.; Leggeri, G.; Raffaelli, G.; Pizzocaro, E.; Cirillo, M.; De Lorenzo, A. Exploring the Exposome Spectrum: Unveiling Endogenous and Exogenous Factors in Non-Communicable Chronic Diseases. Diseases 2024, 12, 176. https://doi.org/10.3390/diseases12080176
(6) Il bio dentro di noi https://www.ilbiodentrodinoi.it/i-risultati/
(7) Marta Strinati. Glifosato nelle urine del 99,8% dei francesi. GIFT (Great Italian Food Trade). 15.1.22
(8) Marta Strinati. The health benefits of organic diet, scientific review. Food Times. 13.11.24

Giornalista professionista dal gennaio 1995, ha lavorato per quotidiani (Il Messaggero, Paese Sera, La Stampa) e periodici (NumeroUno, Il Salvagente). Autrice di inchieste giornalistiche sul food, ha pubblicato il volume "Leggere le etichette per sapere cosa mangiamo".