HomeProgressoTutela di pesca ed ecosistemi marini, piano di (in)azione UE

Tutela di pesca ed ecosistemi marini, piano di (in)azione UE

La Commissione Europea si accinge a presentare, nell’ambito del Green Deal, un piano di (in)azione UE per la tutela della pesca e gli ecosistemi marini. (1) Nella prospettiva di rivedere, tra l’altro, la direttiva-quadro sulla strategia per l’ambiente marino che ha finora fallito l’obiettivo di raggiungere il c.d. Good Environmental Status (GES). (2) Ma alle parole, ancora una volta, non paiono corrispondere i fatti. Un’analisi a seguire.

Salvaguardia della pesca e gli ecosistemi marini in UE. Premessa

Il 71% della superficie terrestre è coperta dall’acqua. Di questa, il 96,5% è salata (NASA Earth Observatory, 2010). La salvaguardia della pesca e gli ecosistemi marini è gravemente minacciata dall’iper-sfruttamento delle risorse ittiche, anche attraverso la pesca illegale, non tracciata e sregolata (IUUIllegal, Unreported and Unregulated fishing). Oltreché dalla pressione dell’inquinamento antropogenico di terra, acque e aria.  Le politiche europee sono state sviluppate, negli ultimi due decenni, con un approccio frammentato e settoriale:

– gestione integrata delle zone costiere (Integrated Coastal Zone Management, ICZM, raccomandazione 2002/413/CE),

– direttiva quadro sulla strategia per l’ambiente marino (Marine Strategy Framework Directive, MSFD, dir. 2008/56/CE),

– politica comune della pesca (Common Fisheries Policy), (3)

Strategia per l’ambiente marino, la direttiva-quadro (MSFD)

La direttiva-quadro 2008/56/CE è il primo atto legislativo che considera la protezione dell’ambiente marino e delle risorse naturali nel loro complesso, con l’obiettivo di raggiungere il Good Environmental Status (GES) delle acque marine dell’UE entro il 2020. Il GES è stato definito e aggiornato, nelle successive decisioni della Commissione europea (2010-2017), attraverso 11 indicatori (descrittori)  che considerano i vari aspetti legati alla salute dei mari (pressioni biologiche, pressioni fisiche, contaminanti, rifiuti, etc). (4)

La Marine Strategy Framework Directive (MSFD) ha istituito quattro regioni marine europee – mar Baltico, oceano Atlantico nord-orientale, mar Mediterraneo e mar Nero – e relative sottoregioni. Ogni Stato membro è tenuto a sviluppare una propria strategia marina, da aggiornare ogni 6 anni (a partire dal 2018). Tale strategia dovrebbe includere:

– valutazione iniziale dello stato ambientale delle acque marine nazionali e analisi socioeconomica delle attività umane che vi insistono,

– determinazione del criterio di ‘buono stato ambientale’ (GES) per le acque marine nazionali,

– definizione di obiettivi ambientali e indicatori,

– istituzione di un programma di monitoraggio e aggiornamento degli obiettivi,

– programmazione delle misure volte a raggiungere e mantenere il GES.

MSFD, relazione Commissione Europea (2020)

La relazione della Commissione europea sul primo ciclo di attuazione della Marine Strategy Framework Directive (MSFD), a giugno 2020, attesta di fatto il fallimento degli obiettivi. Pesca eccessiva e pratiche di pesca non sostenibili, sovrabbondanza di rifiuti di plastica, eccesso di sostanze nutrienti, inquinamento subacqueo acustico e di altro genere. Il rapporto riferisce all’intensa eutrofizzazione – cioè la sovrabbondanza di sostanze nutritive, con conseguente alterazione dell’equilibrio ecologico degli ecosistemi acquatici – a cui è soggetta quasi la metà delle acque costiere europee. Oltre ad annotare l’aumento significativo dell’accumulo di plastica nei mari e di microplastiche nella gran  parte delle specie marine, soprattutto nel Mediterraneo.

L’overfishing è il più grave problema che la Commissione ha sempre sottovalutato, come si è visto. I limiti di cattura (Total Allowable Catch, TAC) vengono negoziati ogni anno a Bruxelles con gli Stati membri sulla base di compromessi politici che tuttora trascurano l’obiettivo primario della Common Fisheries Policy, preservare gli stock ittici e le specie a rischio di estinzione. A dispetto degli allarmi lanciati dalla comunità scientifica sullo spopolamento dei mari europei, che ha già raggiunto un punto di non ritorno. Si richiama, a tale riguardo, il rapporto pubblicato a maggio 2021 da PEW Charitable Trust che dal 2008 lavora assieme a 192 organizzazioni nella coalizione OCEAN2012. (5) L’inquinamento da plastiche è del resto dovuto per oltre la metà alle reti da pesca e ad altri materiali impiegati nelle relative attività.

Tutela degli ecosistemi marini, rapporto della European Court of Auditors 

La Corte dei Conti UE ha a sua volta pubblicato un rapporto speciale, a giugno 2020, onde valutare l’idoneità delle normative in essere – e la loro applicazione pratica, nell’Atlantico e nel Mediterraneo – ad affrontare le principali pressioni sulla biodiversità marina e i suoi habitat. (6) Il rapporto, in linea con quanto frattanto rilevato dalla European Environment Agency, sottolinea come ‘la biodiversità marina rimane minacciata nei mari europei. Un’alta percentuale di valutazioni delle specie e degli habitat marini continua a mostrare uno stato di conservazione sfavorevole o uno stato sconosciuto‘.  In particolare:

– le norme di protezione non hanno portato al recupero di ecosistemi e habitat significativi,

– l’azione dell’UE ha consentito di realizzare progressi misurabili nell’Atlantico, dove la gestione della pesca è per lo più legata ai limiti delle catture,

– ‘il Mediterraneo rimane significativamente sovrasfruttato‘, a causa di una gestione della pesca principalmente legata a limiti sullo sforzo di pesca (anziché sulle catture) che ha condotto a livelli di sfruttamento doppi rispetto ai limiti considerati ‘sostenibili’,

– la rete di aree marine protette non è rappresentativa dei diversi mari dell’UE e spesso fornisce poca protezione. Protezione dal kayaking ricreativo ma non dai pescherecci, come dichiarato da George Monbiot in un’intervista all’autore del docufilm Seaspiracy,

– gli Stati membri ove la European Court of Auditors ha eseguito l’audit hanno utilizzato solo ‘il 6% dei loro finanziamenti attraverso il Fondo Europeo per gli Affari Marittimi e la Pesca per misure direttamente legate a misure di conservazione, e un altro 8% per misure indirettamente legate a misure di conservazione’. Sia pure con ‘buoni esempi di progetti finanziati con LIFE e Interreg’.

MSFD, progetto di revisione

La revisione della Marine Strategy Framework Directive è prevista nella stessa direttiva 2008/56/CE, articolo 23, entro il 2023. In questa prospettiva la Commissione europea, dopo la relazione di cui al precedente paragrafo, ha pubblicato una tabella di marcia, una valutazione d’impatto iniziale e attivato una consultazione pubblica (22.7.21-21.10.21) per esplorare alcune opzioni di riforma e i potenziali impatti socio-economici.

La sostenibilità della pesca rimane il grande interrogativo privo di risposte. Karmenu Vella – intervistato nel docufilm Seaspiracy, allorché egli era Commissario per l’ambiente, gli oceani e la pesca (2014-2019) – ha confessato di non avere idea di come e quando la pesca possa venire considerata sostenibile. E di non avere mai neppure considerato l’ipotesi di alleviare la pressione sull’ecosistema dei 100.000 pescherecci attivi in UE. (7)

MSFD, piano d’azione

Il piano d’azione ipotizzato dalla Commissione europea nella valutazione d’impatto iniziale – sottoposto a consultazione pubblica che ha raccolto 205 commenti (in prevalenza da singoli cittadini) – muove dalla laconica constatazione di complessità burocratiche, ritardi degli Stati membri nella notifica dei rapporti annuali, carenza di dati utili a valutare il raggiungimento del Good Environmental Status nelle varie regioni e sottotegioni marine. E ipotizza cinque possibili scenari:

1) scenario di base, nessuna riforma,

2) abrogare la MSFD e concentrarsi sul raggiungimento degli obiettivi ambientali attraverso le Convenzioni Regionali del Mare e la legislazione settoriale in vigore,

3) rafforzare l’attuazione e l’applicazione della direttiva 2008/56/CE senza modificarla. In tal caso la Commissione potrebbe sviluppare ulteriori documenti di orientamento, esplorare ipotesi di nuovi atti legislativi e considerare l’adozione di atti delegati/di esecuzione per affrontare alcuni dei problemi individuati, compresa la riduzione degli oneri amministrativi. Questa opzione esaminerebbe anche il miglioramento dell’accesso ai finanziamenti,

4) modifiche mirate alla direttiva per chiarire alcuni elementi e mettere a punto alcune disposizioni. Ciò consentirebbe obiettivi più specifici, un’azione più armonizzata all’interno delle regioni marine e un’ulteriore semplificazione (compreso il rafforzamento della dimensione digitale). Alcune delle scadenze e dei termini potrebbero essere rivisti,

5) revisione della direttiva, con scadenze e termini rinnovati. La nozione di ‘buono stato ambientale’ (GES) verrebbe rivista e adattata/completata o sostituita da indicatori specifici orientati alla politica per renderla più applicabile.

Conclusioni provvisorie

I proclama politici sono privi di riscontri operativi:

– in terra, la strategia UE Farm to Fork – che avrebbe dovuto favorire la transizione ecologica della nostra agricoltura – è stata smentita dalla non-riforma della Politica Agricola Comune,

– in mare, trascurare l’impatto dell’overfishing equivale a una condanna non solo degli ecosistemi acquatici ma anche delle prospettive di lavoro nel settore della pesca, sul medio-lungo termine.

Serve coraggio, nell’imporre soglie di cattura idonee a salvaguardare le risorse ittiche e le specie a rischio. Bisogna imporre agli Stati membri di creare riserve marine integrali, di estensione commisurata alla lunghezza delle coste. Introdurre la tracciabilità dei materiali dì pesca fino al loro corretto smaltimento, dietro sanzioni esemplari. E portare avanti la ricerca sulla blue economy. (8) Nella probabile carenza di iniziative in tal senso da Bruxelles, si dovrà ancora una volta confidare nella volontà del Parlamento a contribuire con efficacia alla salvaguardia dei nostri mari, oltreché della pesca.

#SDG14, Life below water.

Dario Dongo

Note

(1) European Commission. Protecting the marine environment – review of EU rules. REFIT. https://ec.europa.eu/info/law/better-regulation/have-your-say/initiatives/12898-Protecting-the-marine-environment-review-of-EU-rules_en

(2) Dir. 2008/56/CE, che istituisce un quadro per l’azione comunitaria nel campo della politica per l’ambiente marino (direttiva quadro sulla strategia per l’ambiente marino). Testo consolidato al 7.6.17 su Europa-Lex, https://bit.ly/3GS5iGL

(3) Reg. UE 1380/2013 relativo alla politica comune della pesca. Testo consolidato al 14.8.19 su https://bit.ly/3Fuesce

(4) Decisione (UE) 2017/848 della Commissione, che definisce i criteri e le norme metodologiche relativi al buono stato ecologico delle acque marine nonché le specifiche e i metodi standardizzati di monitoraggio e valutazione. Su Europa-Lex, https://bit.ly/30YEDZB

(5) PEW Charitable Trust (2021). Lessons From Implementation of the EU’s Common Fisheries Policy. https://www.pewtrusts.org/en/research-and-analysis/reports/2021/03/lessons-from-implementation-of-the-eus-common-fisheries-policy

(6) European Court of Auditors (2020). Marine environment: EU protection is wide but not deep. https://www.eca.europa.eu/Lists/ECADocuments/SR20_26/SR_Marine_environment_EN.pdf

(7) Callum Hoare. EU Commissioner squirms in humiliating probe on fishing policies: ‘Special treatment!’. Express. 28.3.21, https://www.express.co.uk/news/world/1415816/eu-news-fishing-policy-netflix-seaspiracy-green-britain-ocean-climate-change-spt/amp

(8) Dario Dongo, Andrea Adelmo Della Penna. EcoeFISHent, upcycling e blue economy nella filiera ittica. Il progetto di ricerca UE. GIFT (Great Italian Food Trade). 18.10.21, https://www.greatitalianfoodtrade.it/innovazione/ecoefishent-upcycling-e-blue-economy-nella-filiera-ittica-il-progetto-di-ricerca-ue 

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