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De Cecco, frode presunta sull’origine del grano. Indagine della Procura

De Cecco, frode sull’origine del grano? La Procura della Repubblica presso il Tribunale di Chieti ha avviato un’indagine nei confronti del presidente e due dirigenti della F.lli De Cecco S.p.A., sospettati di avere falsificato l’origine di un’enorme partita di grano francese, 4.575 tonnellate, rinominato come ‘pugliese’.

La notizia è stata diffusa dal TGR regionale, su RAI Abruzzo, sabato 14.11.20. Ed è ‘curiosamente’ sfuggita alle agenzie di stampa e al mainstream media, che confermano così la propria sudditanza ai poteri forti. Una vergogna sistemica a cui si sottrae solo il Fatto Quotidiano. Ad memoriam.

De Cecco, frode presunta e fumus commissi delicti

L’indagine della Procura di Chieti è stata avviata a seguito di una precisa segnalazione raccolta dai Carabinieri del NAS (Nucleo Anti-Sofisticazioni). I quali hanno perciò perquisito gli uffici dello stabilimento F.lli De Cecco S.p.A. di Fara San Martino, passando al setaccio i documenti commerciali, materiali archiviati in computer e server, corrispondenza elettronica. Ed è così emerso il carteggio relativo all’acquisto di una partita di grano francese ‘riclassificato’ come pugliese.

‘Buonasera, il Presidente comunica che il grano Francese in arrivo a Ortona il 13.2.20 dovrà essere considerato come grano Pugliese’.

L’indizio più grave – il fumus commissi delicti, in gergo forense – è costituito da una email inviata il 10.2.20 dal direttore dell’ufficio acquisti di F.lli De Cecco S.p.A., Mario Aruffo, al capo mugnaio e al coordinatore del controllo di gestione, nonché alla segreteria del presidente Filippo Antonio De Cecco. Con ordine di modificare i registri, scrivendo grano ‘pugliese’ nell’ordine d’acquisto del frumento imbarcato a Les Sables d’Olone (Francia Nord-Est, mare Atlantico).

De Cecco, frode presunta durante analoga indagine dell’Antitrust

Le evidenze raccolte dai militari del NAS hanno fatto scattare i c.d. ‘avvisi di garanzia’ alla De Cecco. Frode in commercio sospetta per il suo presidente omonimo, in concorso con il direttore acquisti Mario Aruffo. Viene citato anche l’ex-responsabile del controllo qualità, il quale era frattanto uscito dal gruppo a maggio 2020 (e difficilmente avrebbe potuto opporsi a una decisione del ‘cavalier’ De Cecco).

Nello stesso periodo in cui la F.lli De Cecco S.p.A. acquistava il grano francese oggetto della presente indagine, a ottobre 2019, l’Antitrust (Autorità Garante per la Concorrenza e il Mercato, AGCM) stava realizzando un’istruttoria proprio sulle modalità d’indicazione dell’origine del grano sulle etichette della sua pasta. Questa coincidenza temporale può forse aiutare a comprendere perché il colosso di Fara San Martino si sia letteralmente genuflesso di fronte ai funzionari dell’AGCM. Impegnandosi addirittura a rinunciare a scrivere ‘metodo De Cecco’ e ‘ricetta da 130 anni’, pur di mettere subito fine all’istruttoria.

Il terzo produttore mondiale di pasta ‘nel caos’?

Il Tg regionale Rai dell’Abruzzo riferisce che il terzo produttore mondiale di pasta – dopo Barilla e la spagnola Ebro Foods – sembra nel caos. E la F.lli De Cecco non ha voluto commentare i fatti, così riassunti dal telegiornale.

‘Sul mercato dal 1886, il gruppo abruzzese esporta in tutto il mondo mantenendo una forte connotazione familiare segnata però da lotte intestine. A gennaio i due cugini del presidente, Saturnino e Giuseppe Aristide De Cecco, rassegnano le dimissioni dal Cda. In una lettera aperta ai dipendenti scrivono di un organismo di fatto esautorato dal suo vertice.

Impossibile non cogliere il contesto della scelta, dopo il licenziamento dell’amministratore delegato Francesco Fattori, denunciato da De Cecco per violazione di segreto professionale, ipotesi al vaglio della Procura di Pescara, un meccanismo inesorabile porta in un anno all’uscita per licenziamento o dimissioni di circa 50 persone. Diversi dirigenti, anche di lungo corso, sono in causa con l’azienda, che spesso paga per transare. Si va dall’impugnazione del licenziamento al mobbing’. (Roberta Mancinelli, TGR Abruzzo 14.11.20).

Il Paese delle tre scimmie

La quantità di grano al centro dell’inchiesta equivale a oltre il 5% della produzione annuale in Puglia (ca. 900.000 ton), che a sua volta esprime il 20-25% della produzione nazionale. Il silenzio stampa sulla vicenda è dunque il dato più preoccupante in questa fragile democrazia.

La trasparenza sull’origine delle materie prime di grandi produzioni industriali alimentari presuppone del resto un accordo di filiera con la parte agricola. E i consumatori devono conoscere tutti i protagonisti delle filiere – agricoltori, importatori e/o stoccatori, mugnai, pastai – ovunque essi siano basati, nella consapevolezza che a tutt’oggi la domanda di frumento italiano supera l’offerta.

In questo Paese delle tre scimmie, l’utilizzo di una tecnologia blockchain pubblica è forse davvero l’unica soluzione per garantire l’incorruttibilità dei dati.

Dario Dongo e Marta Strinati

Marta Strinati

Giornalista professionista dal gennaio 1995, ha lavorato per quotidiani (Il Messaggero, Paese Sera, La Stampa) e periodici (NumeroUno, Il Salvagente). Autrice di inchieste giornalistiche sul food, ha pubblicato il volume "Leggere le etichette per sapere cosa mangiamo".

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