Il Consorzio di Tutela della Lenticchia di Altamura IGP sviluppa una nuova cultivar, a partire dai semi antichi recuperati in una seed bank in USA ove vennero depositati, 56 anni fa, da Federconsorzi. La pianta si distingue rispetto ad altre per la maggiore altezza e la resilienza, rispetto ai cambiamenti climatici e all’aggressione dei patogeni.
Lenticchia di Altamura IGP, la ricerca dei semi antichi
L’iniziativa è stata promossa dal Consorzio di tutela e valorizzazione della lenticchia di Altamura IGP che a partire dalla sua istituzione, a gennaio 2017, si è dedicato alla raccolta degli antichi ecotipi di questo legume. La ricerca è iniziata con la raccolta di semi che appartengono agli ecotipi 5, 6 e 10, conservati già dagli anni ‘60 presso l’Istituto di Bioscienze e Biorisorse (IBBR, CNR) di Bari.
‘Eravamo a conoscenza della commercializzazione della sola lenticchia verde, tra gli anni ‘30 e i ‘70 del secolo scorso. Il materiale genetico raccolto dal CNR in quello stesso periodo comprendeva però anche alcuni semi di lenticchie rosse, che hanno offerto nuovi spunti alla nostra ricerca‘ (Gerardo Centoducati, direttore del Consorzio della Lenticchia di Altamura DOP).
La ricerca è poi stata estesa alle seed bank internazionali. Fino a trovare – presso una delle 20 banche dei semi gestite dallo United States Department of Agriculture (USDA) – semi di lenticchie di Altamura che erano stati ricevuti il 2.7.64 dalla Federazione Italiana dei Consorzi Agrari.
Antico cultivar, nuova lenticchia
I 100 piccoli semi consegnati da USDA al Consorzio sono stati piantati nel 2018. E il minuscolo raccolto è stato trasferito dal Consorzio a ISEA. Un’impresa marchigiana impegnata nella ricerca genetica, soprattutto nel settore delle leguminose, nonché partner del progetto.
Il programma di selezione e di ibridazione – per ottenere una linea varietale stabile, da sottoporre a brevetto – è già giunto alla moltiplicazione dei semi antichi, necessaria alla preparazione dei futuri incroci tra linee pure. I caratteri genetici dell’antica varietà sono la resistenza alle patologie (causate da parassiti e da agenti atmosferici) e la maggiore altezza dello stelo.
‘L’altezza delle piante è fondamentale per lo sviluppo della coltivazione di lenticchia in quanto dagli anni ’60 a oggi la vera differenza nelle pratiche colturali è la raccolta, passata da manuale a meccanizzata. E l’impiego di mietitrebbie necessita evidentemente che le piante, in particolare il primo palco, siano più alte‘, spiega Antonio Nisi, presidente del Consorzio della Lenticchia di Altamura IGP.
Lenticchie di Altamura, le prospettive
Il recupero dell’antica varietà prospetta un’ulteriore crescita della produzione di Lenticchia di Altamura IGP, che già ora viene realizzata da 200 agricoltori su oltre 2mila ettari di terreni situati in 19 Comuni, di cui 10 in Puglia e 9 in Basilicata. Una vera benedizione per l’Italia, tanto più nella misura in cui le coltivazioni verranno convertite al sistema biologico.
I legumi fanno bene. All’ambiente e alla salute delle popolazioni, ma anche all’economia e all’occupazione sui territori. Tenendo a mente che essi rappresentano:
– colture ‘miglioratrici‘, poiché captano l’azoto in atmosfera e lo cedono ai terreni. Veri e propri fertilizzanti naturali, essenziali ad arginare la lotta alla desertificazione,
– cibi nutrienti e salutari, veri e propri superfood, come ha evidenziato la FAO nel proprio recente studio. E prima ancora nel 2016, ‘anno dei legumi‘.
Legumi Made in Italy, le responsabilità della filiera italiana
La crescita dei legumi Made in Italy, il Benessere Equo e Sostenibile (BES), la conversione al bio dipendono ora soltanto dalla responsabilità delle industrie di trasformazione e soprattutto della Grande Distribuzione Organizzata. La distribuzione moderna, come si è visto, promette lo sviluppo sostenibile. Ma continua ad acquistare lenticchie canadesi, trattate con glifosato anche nella fase post-raccolta. Le lenticchie del Canada affollano pure i cesti natalizi, con buona pace della tradizione italiana.
I consumatori hanno sempre più chiaro cosa rappresenti una spesa sostenibile. I buyer devono ancora imparare però, nella GDO come nell’industria alimentare che inizia a utilizzare i legumi per produrre pasta, oltreché quale fonte proteica in vari altri prodotti.
Cambiare si deve. I consumatori sono già disposti a favorire i legumi ‘100% Made in Italy’ e a riconoscere il loro maggior valore, anche a costo di spendere qualche decina di centesimi in più. Pure oltre, nei limiti del ragionevole, per acquistare prodotti biologici che infatti crescono a doppia cifra nella distribuzione moderna.