Listeria e listeriosi, problemi di sicurezza alimentare e salute pubblica relativamente rari ma non trascurabili. Un approfondimento a seguire.
Listeriosi, malattia rara ma temibile
Listeria monocytogenes, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS/WHO, 2015), è un patogeno a esclusiva trasmissione alimentare. (1) La listeriosi in UE ha un’incidenza molto bassa, attualmente prossima a 0,5 casi su 100.000 abitanti. In confronto, campilobatteriosi e salmonellosi nella UE hanno incidenze molto più elevate, rispettivamente di 246.000 e 94.500 casi ogni 100.000 abitanti (EFSA ed ECDC, 2017). La listeriosi però purtroppo una delle più temibili malattie a trasmissione alimentare, per la mortalità elevata.
La listeriosi – a differenza di altre malattie derivate dagli alimenti (food-borne disease) – sfugge raramente alla diagnosi clinica, soprattutto nei casi invasivi. Nel 2016 in UE, il tasso di ospedalizzazione ha raggiunto il 97,7%, la mortalità il 16,2% (EFSA, 2017). La gran parte delle infezioni (16-27%) si verifica purtroppo nelle donne in gravidanza, con ripercussioni anche severe sulla gestazione. L. monocytogenes è invero una delle cause più comuni di meningite nei neonati (Ronald et al., 2011). (2)
Listeriosi, come si manifesta
La listeriosi può manifestarsi come gastroenterite acuta febbrile. Nei soggetti sani, ciò consegue all’ingestione di alimenti ove L. monocytogenes ha raggiunto valori molto elevati (superiori a un milione di batteri per grammo). Un livello di contaminazione che è raro sui cibi appena immessi sul mercato e tende piuttosto a verificarsi dopo una prolungata conservazione (se pure alla temperatura corretta, entro i 4° C).
La listeriosi invasiva o sistemica ha un decorso molto più severo. Colpisce in genere i bambini in età prescolare, gli anziani e gli individui immunocompromessi a causa di patologie concomitanti o terapie immunosoppressive (Goulet et al., 2012). E si caratterizza per setticemie, meningiti e meningo-encefaliti, che si manifestano dopo lunga incubazione (fino a 90 giorni).
Nelle donne in gravidanza, la listeriosi non appare inizialmente in tutta la sua gravità, manifestandosi piuttosto come gastroenterite o sindrome simil-influenzale. L’eventuale trasmissione trans-placentare può tuttavia provocare gravissime conseguenze al feto. Mortalità, parti prematuro, nascite di neonati affetti da meningite o setticemia (Gianfranceschi et al., 2017).
Listeria, gli alimenti a rischio
Gli alimenti pronti per il consumo, c.d. RTE (Ready-To-Eat foods), sono quelli più a rischio. Anche perché non richiedono trattamenti – come la cottura o il riscaldamento – che potrebbero essere in grado di eliminare il batterio.
Il rischio Listeria occorre soprattutto su alimenti pronti al consumo con una vita commerciale lunga (>15 giorni), soggetti alla catena del freddo e a condizioni tali da facilitare la crescita del batterio. Nei casi di prodotti con attività dell’acqua elevata e/o pH prossimo alla neutralità, quali a esempio i formaggi a pasta molle, i formaggi erborinati, i prodotti ittici affumicati.
La capacità del patogeno di moltiplicarsi durante la conservazione a temperatura di refrigerazione (+4° C) comporta che un numero di batteri pure basso in fase iniziale possa raggiungere un valore numerico elevato, nel caso di conservazione prolungata, tale da provocare l’infezione nel consumatore.
Listeriosi, come prevenire i rischi
Ai consumatori si può suggerire la prevenzione del rischio, grazie ad alcuni semplici accorgimenti:
• non acquistare prodotti ‘Ready-To-Eat’ (RTE) a lunga vita commerciale in prossimità della data di scadenza (hanno trascorso molti giorni a temperatura permissiva allo sviluppo di L. monocytogenes),
• mantenere la catena del freddo con attenzione, conservando gli alimenti pronti al consumo sempre in frigorifero,
• non conservare in frigorifero prodotti RTE per lungo tempo, consumandoli piuttosto invece subito dopo l’acquisto,
• riscaldare fino all’emissione di vapore i cibi RTE quali würstel e prodotti di gastronomia da consumare caldi (es. insalate di riso, insalate di pasta, preparazioni con carne, pesce o verdure),
• scongelare i prodotti congelati e surgelati a temperatura di refrigerazione anziché a temperature elevate (es. 20°C), le quali permettono uno sviluppo più rapido della listeria, laddove presente. Cuocere i prodotti dopo lo scongelamento,
• non somministrare agli YOPI (Young, Old, Pregnant, Immunocompromised) i prodotti che tradizionalmente presentano il maggior pericolo di contaminazione e sviluppo di L. monocytogenes. Vale a dire bambini, anziani, donne in gravidanza e immuno-compromessi.
Silvia Bonardi e Dario Dongo
Note
(1) Gianfranceschi M, De Medici D, Fiore A, Pontello M, Liguori G, Blasi G, Gattuso A. Listeria monocytogenes. Rapporto Istituto Superiore di Sanità ISTISAN 17/34, 2017: 31-36
(2) Fortunatamente, un mirato e tempestivo trattamento antibiotico può contrastare la malattia. E, nel caso delle donne in gravidanza, prevenire anche la trasmissione dell’infezione all’embrione o al feto. Cfr. EFSA, The European Union summary report on antimicrobial resistance in zoonotic and indicator bacteria from humans, animals and food in 2015. EFSA Journal 2017a;15(2):4694 212pp
Fonti bibliografiche
European Food Safety Authority (EFSA), European Centre for Disease Prevention and Control (ECDC) (2017) The European Union summary report on trends and sources of zoonoses, zoonotic agents and food-borne outbreaks in 2016. EFSA Journal 15 (12):5077 [Online December 12, 2017]
Goulet V, Hebert M, Hedberg C, Laurent E, Vaillant V, De Valk H, et al. Incidence of listeriosis and related mortality among groups at risk of acquiring listeriosis. Clin Infect Dis 2012;54: 652-60.
Ronald FL. Sobel JD, Mazaki-Tovi S, Kusanovic J P, Vaisbuch E, Kim SK, Uldbjerg N, Romero R. Listeriosis in pregnancy: a systematic review. Journal of perinatal medicine 2011; 39: 227-236.
WHO. WHO estimates of the global burden of foodborne diseases. I. Foodborne diseases burden epidemiology reference group 2007-2015. Geneva: World Health Organization; 2015.