Due numeri su cui riflettere, quanto vale la vendita online di alimenti e quanti controlli pubblici ufficiali sono a essa dedicati. Il valore del mercato ecommerce nel food & grocery in Italia ha raggiunto 812 milioni di euro nel 2017 (+37% rispetto al 2016), 295 i controlli di ICQRF (1). Si può fare di più?
Ecommerce, quali responsabilità
Registrazione. Tutti gli operatori che eseguano vendita online di alimenti e bevande, al pari dei retailer fisici, sono soggetti a obbligo di registrazione presso le autorità sanitarie competenti. (2)
Certificazione bio. La Corte di Giustizia UE, si ricorda, ha affermato anche che i venditori online debbano venire certificati ai fini della vendita di alimenti biologici.
Autocontrollo. I distributori online – al pari di quelli fisici e di ogni altro operatore nell’ambito della filiera alimentare – hanno responsabilità di autocontrollo, ad espletarsi mediante corretta applicazione di GMP, PRP, Haccp. (3)
Sicurezza alimentare e legalità. Il piano di autocontrollo deve logicamente comprendere un’adeguata valutazione dei rischi legati alla fornitura di alimenti non sicuri, (4) ovvero contraffatti. I quali ultimi si presumono a rischio, in quanto oggetto di attività illecite.
Sicurezza e informazione al consumatore. Il gestore di sito di ecommerce deve comunicare ai consumatori di tutte le informazioni obbligatorie relative ai prodotti sui prodotti in vendita. A differenza di quanto rilevato nella precedente inchiesta di Great Italian Food Trade, che ha poi condotto alla denuncia di Amazon all’Autorità Garante per la Concorrenza e il Mercato. (5)
La registrazione sistematica delle informazioni obbligatorie previste dal Food Information Regulation, (6) si noti bene, deve precedere l’esposizione in vendita online dei singoli prodotti alimentari. (7)
La rintracciabilità è altresì doverosa, secondo quanto previsto dal General Food Law. (8) Ciò comporta l’obbligo di registrare i flussi delle merci, identificando sia i rispettivi fornitori sia i destinatari diversi dal consumatore finale. Mettendo tali informazioni a disposizione delle autorità che ne facciano richiesta. (9)
La prevenzione delle frodi alimentari – le quali, si ribadisce, possono incidere sulla sicurezza dei prodotti, oltreché sulla correttezza delle pratiche commerciali (10) e più in generale sulle responsabilità civili del venditore – dovrebbe a sua volta basarsi sulla registrazione delle informazioni che è obbligatorio trasferire al consumatore prima che esso esegua la scelta d’acquisto dei singoli prodotti.
L’autocontrollo deve perciò comprendere attività di monitoraggio dei fornitori, con frequenza e intensità da basare su apposite analisi del rischio. A tal fine si dovranno considerare:
– i rischi che specificamente attengono a determinate categorie di prodotti. Tenuto anche conto della peculiare vulnerabilità di alcuni di essi alle frodi alimentari,
– i rischi legati a importazioni parallele e intermediazioni commerciali che possono trascurare i doveri d’informazione nella lingua del Paese ove le merci sono vendute.
L’ipotesi di concorso nel delitto di frode in commercio è dietro l’angolo, e si configura anche a titolo di dolo eventuale. Vale a dire nei casi di consapevole accettazione del rischio – da parte del distributore (online come offline) – di partecipare alla vendita di prodotti il cui valore è inferiore rispetto a quello promesso. Partecipando altresì, inevitabilmente, alla realizzazione di un illecito profitto.
È fatto divieto al distributore di commercializzare alimenti dei quali possa anche solo presumere la non conformità ai requisiti d’informazione previsti dal regolamento UE 1169/11. (11) Ed è chiaro come le organizzazioni più complesse – dalle quali si pretende un livello di diligenza professionale, che coincide con la migliore scienza ed esperienza applicabile al settore – non possono sottrarsi a responsabilità adducendo di non sapere o ‘non poter controllare’. (12)
‘Gli operatori del settore alimentare che non influiscono sulle informazioni relative agli alimenti non forniscono alimenti di cui conoscono o presumono, in base alle informazioni in loro possesso in qualità di professionisti, la non conformità alla normativa in materia di informazioni sugli alimenti applicabile e ai requisiti delle pertinenti disposizioni nazionali.’ (Reg. UE 1169/11, articolo 8.3).
I controlli pubblici ufficiali, in considerazione di quanto sopra, potrebbero dunque venire ottimizzati focalizzando le attività sul controllo delle procedure in essere presso le sedi dei vari siti di ecommerce che operano in Italia. Registrazione operatore, raccolta sistematica dei dati sui singoli prodotti e loro pubblicazione sulle pagine ove essi sono posti in vendita, sistemi di autocontrollo. In raccordo con l’Interpol, qualora manchino sedi registrate in Italia. Una singola ispezione potrebbe così consentire di verificare il rispetto delle regole su decine e centinaia di migliaia di prodotti venduti.
Dario Dongo
Note
(1) ‘Nel complesso, il nostro Paese continua a pagare un ampio ritardo in confronto alle principali economie europee: il commercio digitale vale in Italia mezzo punto percentuale dei consumi interni, mentre in Francia ed in Regno Unito si arriva ad una quota compresa tra il 6% e l’8%.’ V. rapporto Coop Italia, pagina 231, su http://www.italiani.coop/wp-content/uploads/2018/01/coop-consumi-2017-V6-bassa.pdf
(2) Ai sensi del regolamento Igiene 1, reg. CE 852/04.
(3) Idem c.s.
(4) Si dovranno a tal fine considerare sia i rischi intrinseci dell’alimento (contaminazione fisica, chimica, microbiologica), sia quelli estrinseci. Vale a dire i rischi che possono derivare dalla non-conformità di notizie di rilievo sanitario, tra le informazioni obbligatorie in etichetta.
(5) Great Italian Food Trade ha presentato il 14.12.17 all’Autorità Garante una segnalazione W00093742 nei confronti di Amazon. Ancora in attesa di ricevere notizie sullo stato della procedura
(6) Cfr. reg. UE 1169/11, articolo 14
(7) Per la definizione di alimento, il reg. UE 1169/11 fa richiamo al reg. CE 178/02, articolo 2
(8) Ai sensi del reg. CE 178/02, articolo 18
(9) A ben vedere, la sistematica registrazione delle notizie che è obbligatorio trasferire al consumatore costituisce un’ottima premessa per garantire la rintracciabilità dei prodotti, da integrare con i dati relativi alle transazioni
(10) Cfr. dir. 2005/29/CE relativa alle pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori, attuata in Italia con d.lgs. 146/07
(11) V. reg. UE 1169/11, articolo 8.3
(12) Alcuni casi di cui abbiamo fornito prova integrano senza dubbio le fattispecie di frode in commercio, rispetto alle quali le autorità dovrebbero attivarsi nei confronti di Amazon. Sono i casi, ad esempio, di prodotti venduti senza indicazione della loro quantità, o con notizie differenziate al riguardo. Si veda l’articolo https://www.greatitalianfoodtrade.it/consum-attori/amazon-fuorilegge
Dario Dongo, avvocato e giornalista, PhD in diritto alimentare internazionale, fondatore di WIISE (FARE - GIFT – Food Times) ed Égalité.